“Niente avviene per caso”. Marino Defendi lo ha sempre creduto e sicuramente lo avrà pensato anche quel 26 luglio di cinque anni fa, quando con poco clamore, nel silenzio di una piazza ammutolita da calcio scommesse e retrocessione, giunse a Bari. Capelli lunghi e sorriso sincero, quello di chi sembra mostrarti gratitudine per ogni secondo. E d’altronde lui la sua felicità l’ha cercata e trovata nel credo buddista, caratteristica che lo rende un personaggio fuori dal comune nel mondo del calcio. Ma forse, non c’è neanche bisogno di andare così a fondo: cosa c’è di scontato in un bergamasco amante della pesca, in uno sportivo amante della musica rock e metal, che detesta la musica commerciale o da discoteca perché, parole sue, “sono solo rumore”.

I primi tempi a Bari, tuttavia, sono stati per Defendi un po’ complicati. Il mare, vuoi per quel nome che lascia poco spazio a dubbi, lo ha immediatamente accolto, più di quanto non abbiano fatto i tifosi. E così il primo anno è stato un peregrinaggio continuo per ogni zolla del San Nicola, senza che nessuna avesse l’odore di casa. La svolta è arrivata il 4 marzo (nessuno si stupisca se dovessero risuonare in testa quelle parole che sembrano scritte apposta: "Dice che era un bell’uomo e veniva, veniva dal mare parlava un’altra lingua, però sapeva amare...", niente accade per caso) del 2013: il Bari di Torrente è reduce da una crisi di risultati che lo ha portato in zona retrocessione e affronta il Vicenza. Per l’ex Atalanta non è una settimana come le altre. Promette ai suoi compagni che in caso di vittoria avrebbe tagliato i capelli e in conferenza proclama: “C’è aria di riscossa nel nostro spogliatoio, vogliamo vincere”. Le sensazioni sono giuste: Defendi, ricollocato come mezzala, disputa la prima grande partita in biancorosso guadagnando la titolarità e perdendo la folta chioma.

Il resto della storia è dolce, tanto da diventare commovente. Quello successivo è l’anno che non merita parole, solo emozioni: Marino è il capitano di una squadra che, fallita, diventa invincibile, sino a conquistare i play off con cinquantamila tifosi al seguito. Dalle foto che lo ritraggono nell’atto di supplicare qualcuno di comprare la società, sino alle lacrime di Bari - Novara, il bergamasco è tutto lì: quella voglia di “trovare il lato positivo in tutto” e una sensibilità fuori dal comune. I due campionati successivi lo hanno visto comunque protagonista sorridente e silenzioso, anche allorquando con una scelta quanto meno discutibile è stato privato della fascia di capitano.

Ieri la notizia dell’addio. Non c’è nulla di scontato o di banale nel dire che Bari ha perso il suo uomo migliore: Marino Defendi è stato il volto pulito di una città che privata, in ambito calcistico, della sua dignità, ha saputo riemergere e tornar grande. In bocca al lupo, Capitano!

Sezione: Copertina / Data: Mer 24 agosto 2016 alle 15:00
Autore: Gianluca Lippolis
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