Con il cuore ferito. Il tifoso del Bari si specchia e si vede triste, sconsolato. Nonostante si faccia uno sforzo, non c'è voglia di fingere un sorriso. La classifica preoccupa, il galletto è in ginocchio. In tutti i suoi comparti, non solo in campo.
Rabbia al comando. Tra i tifosi, ma non solo. Un po' tutti sembrano avercela con il club biancorosso. Chi per i risultati, chi per la gestione societaria e chi per una comunicazione bruscamente interrotta nel momento più delicato, più duro. Uno di quelli in cui, per intenderci, i forti, i duri, dovrebbero venir fuori con prepotenza. Con stile, con la certezza dei risultati. Non con il silenzio.
Tra i tifosi, sovente in queste ore è una domanda: di chi la colpa? Le risposte, molteplici, portano in tutte le direzioni: al campo, ai giocatori ma anche e ai vertici societari e, nella fattispecie, a Gianluca Paparesta. Il numero uno biancorosso è deluso, ma non potrebbe essere altrimenti. Il problema, però, è che sono delusi più di lui i suoi tifosi. O meglio, i tifosi del galletto, accattivati e sedotti dalle mire trionfalistiche del loro presidente, finito ora sulla graticola sia per le scelte tecniche sia per la conduzione della società, in generale. In fondo, questo è il duro prezzo da pagare quando, con presunzione, si pensa di poter fare tutto da soli. Paparesta, infatti, non fa solo il presidente. No, Paparesta è anche direttore sportivo, tecnico e generale. Una triade di figure incarnate in un unico dirigente, che da qualche parte doveva pur sbagliare. L'inesperienza conta molto relativamente. Anche Enzo Ferrari ne sapeva poco di corse.
Via Angelozzi, via Antonelli, Paparesta ha pensato di non aver bisogno di particolari figure professionali al suo fianco. C'è Zamfir, e va bene così. Secondo Paparesta, però. Il diesse rumeno, a cui è stato concesso quasi un anno di tirocinio per inserirsi nel nostro calcio, ha fatto e sta facendo da comparsa, anche e soprattutto sotto il profilo operativo visto che il presidente biancorosso - nonostante la nomina a diesse dell'ex Cluj - continua a gestire in prima persona anche il mercato. Con tutte le ripercussioni e le conseguenze del caso.
A fare da cornice e ad incidere sulla situazione ci ha pensato poi l'orgoglio, spiccato, dello stesso presidente, che non ha mai perso occasione per ribadire le sue convinzioni, a volte eccessive, altre volte poco umili e altre volte ancora non condivisibili affatto. Nonostante le sconfitte, il numero uno di strada Torrebella ha sempre difeso i suoi ragazzi, apostrofandoli spesso come 'secondi a nessuno'. Quest'anno come l'anno scorso, sia chiaro. Da qui la decisione di alternare allenatori manco fossero prestatori occasionali. Allenatori che, per la cronaca, non sono stati mai, o quasi, accontentati sul mercato. Perchè le varie sessioni di trattative (alcune buone, per carità) sono state sempre improntate su altri fattori ma mai del tutto sulle necessità dei vari tecnici.
Son passati due anni e nulla di ciò che era stato paventato e garantito si è realizzato. Il Bari mediocre era prima del suo avvento, mediocre è ancora oggi. Almeno sul campo. Con un'unica grande differenza: ieri la colpa era della famiglia Matarrese, oggi dei gufi e dei doppiofedisti. E, a volte, anche di noi giornalisti ma mai la loro, mai dei giocatori, mai di un club che si sente spesso perseguitato. Da chi o cosa poi, è davvero difficile capirlo.
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