A sentirlo parlare, Simone Salviato dà l'impressione di essere un ragazzo con le idee chiare. Uno che non ha paura di dire la sua, anche su argomenti spinosi. Questione di carattere. O forse saranno le esperienze ad averlo temprato. Chissà. Sta di fatto che, dopo un'esperienza senza squilli a Bari e la fugace esperienza di Lanciano, giunto sulla soglia dei trent'anni il terzino sta vivendo una nuova primavera a Cremona, dove ha da poco conquistato la promozione in Serie B.
Simone, spiegaci come avete fatto. A un certo punto l'Alessandria, vostra diretta avversaria, sembrava irraggiungibile. "Quando sono arrivato qui, ho trovato tanti vecchi compagni d'avventura. Penso a Beppe (Gemiti, ndr) e a Porcari, ovviamente, ma anche a Belingheri. Luca è stato addirittura il mio testimone di nozze e io sono stato il padrino di suo figlio. Ecco, forse contare su legami così forti ci ha aiutato nei momenti di difficoltà. Peraltro, stasera la squadra si ritrova tutta insieme per cena come abbiamo fatto ogni settimana sin dall'inizio di stagione".
Non è stata una cavalcata facile. "Per nulla. Eppure a settembre molti pensavano che il nostro era il girone più facile. Poi, quando l'Alessandria ci ha staccato di dieci punti, nessuno ha creduto più in noi. Nessuno tranne noi stessi. Abbiamo vissuto ore complicatissime. Dopo il 3-0 subito nel derby contro il Piacenza i tifosi erano furiosi ed è intervenuta la Digos per evitare guai peggiori".
Diciamo la verità, è stata anche la stagione del tuo rilancio. "Quando il Bari ha deciso di mettermi fuori rosa, il mio morale era a terra. Una mazzata terrificante. Poi i sei mesi a Lanciano, conclusi con la retrocessione in Lega Pro. Senza l'aiuto dei miei amici più stretti sarebbe stato più complicato superare quel momento. A quel punto, però, mi son detto che scendere di categoria non sarebbe stato un dramma, sempre a patto però di scegliere l'offerta giusta. Certo, dopo dieci anni in B, un giocatore si aspetta di fare il salto in Serie A e non di procedere all'indietro: eppure, nel mio caso, ho capito che questa piazza era ambiziosa e che le Lega Pro le stava tremendamente stretta. Mi è andata bene: promozione conquistata e, in più, 37 partite disputate su 38".
La storia recente insegna che spesso le neopromosse in B fanno bene se non benissimo. "L'esempio della Spal lo conferma. Dipenda dal fatto che a livello tecnico e atletico ormai siamo lì: son convinto che una squadra di vertice della Lega Pro sarebbe in grado di farsi valere eccome anche nella categoria superiore, forse perchè non è più un tabù per chi ha giocato in A e in B confrontarsi con quella che un tempo veniva chiamata Serie C. C'è poi da mettere in conto l'entusiasmo post-promozione, un carburante incredibile".
Facciamo un passo indietro e torniamo ai tempi di Bari. "Ti dico la verità, Bari è il mio rammarico più grande. Eppure lì ho lasciato un pezzo di cuore. E come potrebbe essere altrimenti? É stata la mia prima esperienza al Sud: all'inizio mi sentivo un pesce fuor d'acqua ma poi il calore e la disponibilità dei baresi mi hanno travolto. Per il mio matrimonio è salito su un pullman di amici. Sai, vengo da Padova, una città più fredda, non ero abituato a tante dimostrazioni di affetto. Al Nord siamo più chiusi. Anche dopo le sconfitte, invece, lì in Puglia c'era sempre una pacca sulla spalla ad attendermi mentre passeggiavo per la città. Una città a cui do 10. A proposito, ci tornerò presto, altrimenti gli amici di giù mi ammazzano. E poi ho una terribile voglia di tornare a mangiare un panzerotto".
Eppure anche quest'anno a Bari si è a parlato delle pressioni a cui sottopone questa piazza. "Mi sento costantemente con i miei ex compagni, con Sabelli, con Tonucci, con Romizi, quindi so di cosa parlo, so cosa stanno passando. Hanno dato tutto e sono mortificati per l'andamento della stagione. Purtroppo a volte volere tutto e subito nel calcio non porta ai risultati sperati. Bisognerebbe ripartire dai giovani, da un progetto. Ho visto andare via Scalera e Castrovilli, due ragazzi che secondo me faranno strada, sacrificati per fare spazio a gente di esperienza. Le due facce della medaglia sono queste: da un lato è scomodo giocare sapendo che c'è sempre solo un risultato a disposizione, dall'altro è esaltante scendere in campo in uno stadio gremito. Per un'amichevole estiva, seppure contro l'Olympique Marsiglia, io ricordo oltre 20000 persone al San Nicola. Bari è questo, prendere o lasciare".
Più facile quindi vincere a Cremona? "Sì e no. I tifosi erano delusi, arrabbiati. Tutta la faccenda del calcioscomesse è partita proprio da qui, non dimentichiamocelo. C'era disaffezione, ma siamo riusciti a portare la gente allo stadio con i risultati. Certo è una pizza tutto sommato tranquilla e che però allo stesso tempo ci ha regalato la gioia di vedere 11000 persone festeggiare la promozione. Di media, poi, nei match casalinghi abbiamo avuto circa dai 5000 ai 6000 spettatori. Non pochi in rapporto alla grandezza della città. Ho un altro anno di contratto e mi piacerebbe restare ancora in maglia grigio-rossa".
Ottimista in vista della prossima stagione? "Abbiamo una rosa esperta e di qualità e sono convinto che il presidente, il cavaliere Arvedi, farà di tutto per mantenere la categoria. Siamo abituati, nel mondo del calcio, a patron passionali, focosi: lui, invece, è un uomo d'altri tempi, atipico: sempre gentile, non si lamenta mai degli arbitri, non rilascia molte interviste, vive tutto in maniera molto tranquilla e allo stesso tempo non fa mai mancare nulla ai giocatori. Sa poi trasmettere una grande carica e si fida del suo entourage. Tornando alla domanda, sì, abbiamo le basi per fare bene anche l'anno prossimo".
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