Qualche anno fa, di lui, si parlava addirittura in chiave Nazionale. Andrea Lazzarri, cresciuto nel florido settore giovanile dell'Atalanta (con Defendi, tiene a precisare oggi il club biancorosso), ha conosciuto non banali momenti di gloria, misti a qualche battuta d'arresto. Il primo picco della sua carriera, a vent'anni, come i grandissimi, anzi anche meglio: cinque gol alla Juventus di Capello nei due match diretti in Coppa Italia (tre, addirittura, al Delle Alpi) e copertine a gogò per l'ultimo prodotto della cantera orobica. 

Promessa del calcio, ma acerba, Lazzari, in quel momento centrocampista offensivo, ala, praticamente una punta aggiunta, non farà altrettanto bene in campionato, dove retrocederà con la sua Atalanta prima di un percorso in B fatto di tanta provincia (Cesena, Piacenza), ma soprattutto Grosseto, dove con otto reti nella stagione 2007/2008 piazzerà nuovamente il suo nome in decisa corsia di decollo verso la A.

La chiamata del Cagliari giunge meritata. E' un Lazzari più maturo, e più inquadrato tatticamente, quello isolano. Sfiora le 100 presenze in tre anni, diventa pupillo di Allegri, con il numero 10 sulle spalle. Convince, allora, anche la Fiorentina che lo preleva dal club sardo (3 milioni per la metà) prima di mandarlo per due anni in prestito ad Udine dove, ormai sulla via dei trent'anni, conosce per la prima volta la ribalta dell'Europa e si toglie anche lo sfizio di siglare un gol da centrocampo in mondovisione, nella fase a gironi. Il ritorno per l'ultima volta alla Fiorentina, proprietaria per tre anni del suo cartellino, avviene nella passata stagione: Lazzari gioca tanto in Europa League, meno in campionato. Si svincola in estate, e passa al Carpi, un matrimonio poco efficace.

Bari la nuova tappa, la nona della sua storia professionale, con un contratto che più umile non si può. Sei mesi, un incentivo ulteriore alla fame di rilancio. L'ennesima di una carriera vissuta in ascensore. Qualche anno fa qualcuno pensò bene di realizzare in testo un divertente parallelismo fra la sua, di storia, e quella di Lazzari. Inno alla sregolatezza, e alle parabole di crescita di uomini, prima ancora che calciatori. Speciali per il fatto di cambiar spesso ambiente, alla perenne ricerca di sorrisi.

Sezione: Focus / Data: Mar 02 febbraio 2016 alle 21:00
Autore: Davide Giangaspero
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