In società giurano di lavorare a un piano fatto in casa, per giunta con prospettive migliori rispetto a quelle ritratte da "gufi" e delusi vari. Mentre Zheng, ormai lontanissimo dal Bari, ribadisce l'interesse con fare convinto. Il botta e risposta sempre più severo è andato in scena nelle scorse ore con contorni alquanto grotteschi. C'è mai stata una trattativa tra il Bari e la cordata cinese presieduta da Zheng? Al di là di individuazioni di advisor, abboccamenti, conferenze in pompa magna, e cicliche interviste su fonti strategiche, da anni utilizzate per emettere segnali interessati, è difficile in questo momento rispondere affermativamente. A dirlo sono le posizioni delle parti chiamate a negoziare. Il compratore, innanzitutto, che fa proclami e parla già quasi da presidente, ma poi lamenta di non conoscere nemmeno i dettagli del prodotto da acquistare per una corretta due diligence. Il venditore, invece, che interrompe qualsiasi discorso presentando come argomento la mancanza di garanzie offerte dai misteriosi (davvero? ci torneremo dopo...) interlocutori.

Molto buffo, se non fosse che di mezzo c'è la passione di un ambiente che oggi meriterebbe altro. Passino le sconfitte in campo (pur sempre la legge dello sport), e la seconda stagione all'affannosa ricerca di un'identità tecnica, ma la delicatezza della questione suggerirebbe maggior rispetto da parte di tutti. Basterebbe, forse, segnalare innanzitutto una diversità d'opinioni in ordine ai modi di negoziare un affare di queste dimensioni. Esiste la volontà di avvicinarsi? Probabilmente no. Non sono certo sfuggite ai più attenti le sarcastiche parole rivolte dall'attuale numero uno biancorosso verso l'interlocutore a più riprese. Così come emblematico è apparso il passaggio con cui Zheng ha sì ribadito nelle ultime ore la volontà di acquistare il club ma ha anche procrastinato determinate connotazioni della sua iniziativa a momenti di trattativa più avanzati (perché aspettare?).

Come pensare, allora, di moderare un simile passaggio di consegne. Nessuno lo dice, ma forse sarebbe il caso di scoprire finalmente un aspetto malamente nascosto di questo braccio di ferro. Esiste in ambienti vicini alla società un presentimento di accerchiamento. Traspare del resto quotidianamente la voglia di settori più o meno in vista della città di smuovere le acque su un progetto non ancora decollato. I cinesi, dotati di loro profondità economica, altro non sarebbero che la faccia di una medaglia delusa e contraria allo stato attuale delle cose. Non insieme al vecchio ma apertamente in alternativa. Più di un indizio è rappresentato dall'intenzione di Zheng, manifestata nelle sue ultime dichiarazioni pubbliche, di affidare in caso di successo della sua iniziativa la conduzione locale della faccenda a un pool di imprenditori locali. Bingo. Il risentimento da parte di Paparesta è nel muro verso chi, localizzato molto più vicino della Cina, starebbe tramando, nella sensibilità non direttamente esposta dell'attuale timoniere, uno sgarbo piuttosto personale.

Si può da una parte colpevolizzare il presente, o dall'altra assumere un atteggiamento sospetto su dichiara di voler essere il futuro. Bisognerebbe però lasciare a casa le antipatie e non offendere con queste l'intelligenza di appassionati che negli ultimi mesi hanno incassato chiacchiere mal esposte. Si lasci in pace il Bari, oggi di Paparesta, domani chissà. E se trattative saranno ancora, si badi bene a trattarle con onore. Per evitare di mantenere un ambiente nell'immobilità di una costrizione: quella di osservare odiose, e ormai facilmente identificabili, goffe telenovele.

Sezione: In Primo Piano / Data: Mar 09 febbraio 2016 alle 08:30
Autore: Davide Giangaspero
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