"Fatta come premessa il ringraziamento al Circolo Canottieri Barion per lo spazio offertomi, sono qui per comunicarvi che nella serata di ieri ho mandato una mail all'onorevole Antonio Matarrese in cui ho rimesso nelle sue mani il mio mandato di club manager dell'As Bari. Non potevo fare altrimenti visto che non ci sono le condizioni per continuare a lavorare".
Comincia così l'attesa conferenza stampa indetta da Gianluca Paparesta per spiegare i motivi che lo hanno indotto a dimettersi dall'incarico ricevuto poco meno di cinque mesi fa. L'ex fischietto internazionale, pur mantenendo la calma e lo stile che lo hanno contraddistinto nella sua esperienza biancorossa, ci tiene a rimarcare alcuni concetti. Concetti che, pur specificando che non v'è intenzione di provocare polemiche ("per il bene del Bari sia chiaro") non mancheranno di far riflettere. Chiunque capirebbe ascoltando Paparesta che qualcosa non ha funzionato a livello comunicativo nella società di Via Torrebella. E che forse è in atto uno scontro interno che non giova alla salvezza del club.
"Ero stato chiamato dal Bari per un compito ben preciso - comincia - Cercare di valorizzare in tutti i modi l'immagine della società in modo tale da favorire un passaggio di proprietà. Tutte le scelte e i progetti che ho intrapreso sono stati sempre stabiliti di concerto con la dirigenza. Progetti come il logo di San Nicola sulle maglie della squadra, l'ingresso gratuito dei bambini delle scuole elementari allo stadio, il costo ridotto dei biglietti, il far partecipare i giocatori ad alcune trasmissioni televisive, durato fino a quando una testata non ha espresso delle valutazioni non condivise dalla società e questa ha deciso, nonostante non fossi d'accordo, di sospendere l'operazione. E' stato tutto deciso insieme ma non è servito a nulla. Avevo preparato anche una mini campagna abbonamenti per le ultime 10 gare interne per cercar di far riavvicinare i tifosi."
Segue la prima amara constatazione. "Al momento tutte le trattative che ho portato avanti per la cessione del club sono in stand-by. E vi posso assicurare che le trattative c'erano e con imprenditori, italiani e non, con un potenziale economico invidiabile ma che sono rimasti perplessi a causa delle modalità di acquisizione. Vi dico subito che ci sono stati dei contatti con il patron dell'Anzhi, il russo Sulejman Kerimov che, come ricorderete, negli anni passati era stato in grado di allestire una squadra di tutto rispetto acquistando giocatori come Samuel Eto'o e disputando l'Europa League. Oltre a lui c'era la cordata lombarda capeggiata da Guido Borghi, un altro gruppo di imprenditori italiani di cui, avendo firmato un patto di riservatezza, non posso fare nomi e una società turca che aveva mostrato un certo interesse".
"Ho ritenuto opportuno - prosegue - che vista la pesante situazione debitoria bisognava dare il massimo per cercare di raggiungere i play-off. Sapete bene che se la squadra avesse ottenuto dei buoni risultati avremmo avuto lo stadio pieno, il Bari avrebbe avuto maggiore visibilità e, in caso di promozione in serie A, sarebbero arrivati 35 milioni di euro solo di diritti tv. Una cifra importante che sarebbe servita per risanare i debiti. Se il passaggio di proprietà fosse avvenuto entro gennaio, facendo degli investimenti si poteva rinforzare la squadra e pensare seriamente di giocarsi la promozione. La mia idea è stata condivisa da tutti".
E a questo punto Paparesta rivela un episodio rimasto fino ad oggi segreto. "Il 24 dicembre c'è stata una riunione a cui hanno partecipato Matarrese, i dirigenti, tutta la squadra e i due allenatori. Il presidente ha detto chiaramente che bisognava puntare ai play-off. Nessuno dei presenti si è opposto a questa richiesta. A Santo Stefano però il Bari ha perso in casa con lo Spezia. Nei giorni successivi qualcuno ha detto che l'unico obiettivo era ed era sempre stato la salvezza. Una cosa che non mi sarei mai aspettato e che mi ha lasciato completamente spiazzato. Sono stato definito un dirigente tifoso. Non ho mai voluto polemizzare e non lo farò ora ma non credo che un'affermazione del genere abbia fatto il bene del Bari".
Arriviamo quindi ai giorni nostri. "Mentre le trattative proseguivano il 27 gennaio ho appreso, leggendo i giornali, che era stato pignorato il cartellino di Galano. Nessuno m'aveva detto niente. Colgo l'occasione per esprimere la mia totale solidarietà a tutti i creditori che non sono ancora stati pagati dall'As Bari. Pochi giorni dopo un dirigente in conferenza stampa afferma che i debiti del club ammontano a 50 milioni di euro. Ventiquattro ore dopo un altro dirigente ridimensiona la cifra, facendoli ammontare a 25 milioni. Vi lascio immaginare come sono rimasti i potenziali acquirenti di fronte a tutta questa serie di notizie. E' anche per questo motivo che non posso più svolgere questo compito. Non voglio più mettere in gioco la mia faccia quando c'è mancanza di chiarezza".
E a chi gli chiede se sia possibile fare un passo indietro risponde: "Potrei tornare ma solo nel caso ci sia unità di intenti e non nel ruolo di club manager. Ciò non toglie che farò tutto il possibile, da fuori, per cercare di salvare il Bari. E' un bene comune che deve essere tutelato ad ogni costo. E' necessario salvare la categoria se si vuole salvare il Bari.
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