Protagonista del derby col Foggia e di un'arrampicata pazza sulle recinzioni dello Zaccheria per festeggiare un gol con i suoi tifosi. Nicola Ventola, intervistato oggi da Repubblica, ricorda quelle emozioni: "Eravamo a un passo dalla A e cercavamo la vittoria. Ovviamente il Foggia giocò la partita della vita, pur di sgambettarci. Lo Zaccheria era il classico catino incandescente. Sentivamo nelle orecchie l’urlo dei loro tifosi, ma nel cuore entravano soprattutto le vibrazioni trasmesse dalla nostra curva. Quando feci gol non capii più nulla. Mi arrampicai in alto per tre metri, mentre i miei compagni di squadra mi consigliavano di scendere. Mi sentivo un tifoso che aveva fatto gol, stavo portando in A la mia squadra del cuore. Poi il Foggia pareggiò, ma ci andò bene lo stesso perché il Ravenna fermò il Genoa. La domenica successiva festeggiammo battendo il Castel di Sangro davanti ai sessantamila del San Nicola. Mai vista una cosa del genere".

Sull'atmosfera del derby: "C’era una rivalità accesa ed anche un po’ pericolosa, tant’è che Collina per evitare che Fontana fosse bersaglio degli oggetti lanciati dagli ultrà foggiani, per la prima volta nella storia del calcio decise di farci giocare entrambi i tempi verso le stesse porte. Però sono state emozioni fortissime. Fascetti? Con me tante volte ha usato la fermezza del padre di famiglia, ma mentre si volava verso la A, me lo ritrovai compagno di burraco contro Garzya e Flachi. Giocammo a carte anche di ritorno da Foggia: uno spasso".

Sul divieto per i tifosi: "Sì, l’ho letto e mi dispiace troppo. Dopo un’attesa durata ventuno anni, non si può negare un derby. Capisco le insidie, ma ci sono gli strumenti per evitare che una partita di calcio si trasformi in una guerra".

Sezione: In Primo Piano / Data: Ven 20 aprile 2018 alle 08:00
Autore: Redazione TuttoBari
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