Il Bari visto contro il Genoa è la dimostrazione di come possa cambiare il direttore d’orchestra senza che la musica subisca sostanziali variazioni.
Lodevole lo sforzo profuso dai galletti ma i problemi restano quelli che hanno spinto i biancorossi all’ultimo posto della graduatoria. Manca fluidità nella manovra e la condizione atletica è apparsa nettamente inferiore rispetto a quella dei grifoni, senza dubbio più reattivi e brillanti e puntualmente primi sulla palla.
Il neo arrivato Mutti si è trovato di fronte ad un’autentica impresa, ingigantita nelle proporzioni dallo scarso tempo a disposizione dell’ex tecnico atalantino. Che, banditi fronzoli di venturiana memoria, ha optato per uno schema di gioco più concreto e compatto. Il 4-4-2 opposto agli uomini di Ballardini è apparso anni luce distante da quello che solo un anno fa incantava l’Italia del pallone. Due punte classiche e di peso a fare a sportellate con la retroguardia rosso blu, un finto esterno ed uno di ruolo e la classica difesa a quattro, con i terzini chiamati ad appoggiare di più l’azione.
In particolare, è sembrata differente l’interpretazione della partita da parte dei biancorossi,che,abbandonato l’estenuante e sterile giro palla difensivo,si sono affidati a lunghi lanci in verticale alla disperata ricerca della coppia d’attacco formata da Ghezzal e Okaka.
Evidente l’intenzione del tecnico barese di incrementare i rifornimenti per le punte biancorosse attraverso un gioco meno spettacolare ma più redditizio, che prevedesse la rinuncia alla fitta ragnatela di passaggi in orizzontale, per rifugiarsi nel più classico palla lunga e pedalare.
Peccato che i desiderata di Mutti si siano scontrati con l’ansia da prestazione e le difficoltà fisiche dei suoi ragazzi.
Sotto il primo profilo, è palese che alla squadra difetti quella tranquillità e serenità indispensabile anche solo per abbozzare una “remuntada”, che domenica dopo domenica si fa sempre più difficile.
In tal senso, la lunga serie di errori in disimpegno, anche da parte dei giocatori più esperti del gruppo( Donati su tutti), ne è la prova evidente.
Quanto all’aspetto fisico, ormai non è un mistero che questa squadra non corra alla stessa velocità degli avversari. Preparazione sbagliata, presenza in campo di reduci da seri infortuni, pressione psicologica sono soltanto alcune delle cause per cui il Bari a febbraio inoltrato si trovi a corto di fiato.
Invero, non c’è partita che non metta in risalto il divario fisico tra i galletti e gli avversari sistematicamente più tonici e veloci nella conquista della palla e nel ribaltamento dell’azione .
Quali allora le note positive del match contro il Genoa.
In primo luogo, aver chiuso i novanta minuti di gioco senza reti al passivo, con Gillet mai seriamente impegnato. In secondo luogo, la ritrovata verve di Alvarez unita al rientro di Ghezzal ed ai progressi continui di Okaka, sempre nel vivo dell’azione, autore del goal ingiustamente annullato dal direttore di gara.
È su questi pochi ma concreti segnali positivi che Mutti deve lavorare, nella speranza che quell’esiguo 5% di possibilità di salvare il Bari, possa a poco a poco assumere maggiore consistenza.
Autore: Paola Calamita
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