Il cammino del Bari in questa stagione è la rappresentazione di una squadra ricca di potenziale ma strangolata da una prospettiva di medio-bassa classifica. La piazza è pervasa dalla sensazione che si stia navigando a vista, destinati a un ennesimo campionato anonimo, con la causa principale che affonda le radici in una questione di identità societaria: l'ombra di essere la "squadra B" del Napoli.
La sensazione di non essere la priorità è la vera zavorra psicologica e operativa. Lo sforzo economico sul mercato è risultato contenuto, in quanto il budget è stato stabilito come frazione degli investimenti della società che gestisce anche il Napoli. Questa strategia ha portato il Bari a ricercare prevalentemente occasioni sul mercato: un alto numero di nomi, ma poche certezze di rendimento e scarsa aderenza a un piano tattico preciso. Si è finito per assemblare una rosa quantitativamente ricca ma disorganica, come dimostrano i continui esperimenti di Fabio Caserta. La dirigenza non ha badato alla funzionalità del roster, quanto piuttosto all'opportunità finanziaria, alimentando il sospetto che l'obiettivo non sia la Serie A diretta, ma il mantenimento della categoria.
Per spezzare questo circolo vizioso e superare il limite imposto dalla multiproprietà, il Bari deve urgentemente adottare un modello virtuoso di gestione, un po' come quello del Sassuolo.
Il successo del club emiliano non si basa su budget illimitati, ma su una progettualità triennale ben definita. Il modello Sassuolo consiste nella ricerca mirata e nello sviluppo costante di giovani talenti, preferibilmente italiani o europei, che vengono inseriti in un sistema di gioco offensivo e riconoscibile. Questo processo crea un duplice beneficio. Tecnico, per avere una squadra con un'identità di gioco chiara e calciatori motivati a crescere ed economico, poiché la valorizzazione dei giovani (attraverso cessioni importanti, le cosiddette plusvalenze) permette di autofinanziare le successive campagne acquisti, garantendo continuità e stabilità in Serie A.
Il Bari possiede già il bacino d'utenza e l'infrastruttura per sviluppare un modello simile. Invece di acquistare occasioni a fine carriera o meteore dal curriculum altisonante, il club dovrebbe concentrare le risorse su uno scouting eccellente e su un piano tecnico che non venga stravolto ogni sei mesi.
Finché il Bari sarà percepito e gestito come una succursale o un club satellite, il potenziale resterà inespresso. La mancanza di progettualità è l'assenza più grave, ma l'adozione di un modello virtuoso e autosufficiente è la chiave per riaccendere l'ambizione e trasformare l'attesa in una costruzione solida e duratura.
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