Per quattro anni, transitandoci per lavoro davanti, ho visto nascere e crescere giorno dopo giorno, dai piloni sino alle infrastrutture, il nostro S. Nicola. Poi, nell’inverno del 1989, annata nella quale il Bari sarebbe stato promosso in serie A, ebbi modo di entrare per una visita guidata di gruppo nello stadio oramai quasi pronto. Ricordo il prato verde smeraldo intenso, seminato molti mesi prima: bellissimo. Gli operai del cantiere avevano avuto permesso di giocarci sopra per “strapazzare” un po’ l’erba nuova, sì da renderla pronta per l’inaugurazione, che sarebbe avvenuta in amichevole il 3 Giugno 1990 con il Milan, incontro del quale conservo ancora il biglietto di ingresso per ricordo. Visitammo gli spogliatoi e gli ambienti annessi (spazi per le palestre, il riscaldamento pre-partita ecc.), ambienti enormi e moltiplicati per quattro in corrispondenza di ogni quadrante di stadio. Ci venne illustrato il sistema di irrorazione: all’avanguardia, governata elettronicamente in riferimento alle condizioni del manto erboso (umidità e temperatura), sì da essere completamente autonomo. Mi sono sempre poi chiesto come il campo presentasse nel corso dei vari campionati di volta in volta aree aride e diserbate, e che si aspettasse l’arrivo delle piogge per salvare l’erba. Ricordo in quella visita che i petali degli spalti erano stati già posati, non tutti avevano ancora i seggiolini, ma la loro alternanza verde/giallo, cosa che ci riferivano voluta espressamente da Renzo Piano, in quell’enorme spazio aperto era magnifica. In quel periodo stavano posizionando le ultime vele di copertura, e qualcuno di noi chiese come mai da progetto queste non fossero sufficienti a riparare totalmente gli spettatori, tranne quelli seduti più in alto, condannando al maltempo le file dei settori in basso. Ci vennero spiegate due ragioni. La prima era che dopo una ricerca statistica degli ultimi decenni era stata verificata la frequenza delle piogge nelle giornate di calendario, riscontrando una trascurabile coincidenza di precipitazioni. La seconda era rappresentata dall’inserimento postumo al progetto iniziale della pista di atletica, voluta per insistenze della Federazione e di altri Enti. Si faceva appello ad un disposto o del CONI o del Ministero competente, il quale prevedeva per le nuove impiantistiche sportive la presenza obbligatoria della pista. In forza di ciò i petali delle gradinate avevano necessariamente subito un allargamento, con conseguente allontanamento dal terreno di gioco. Mi chiedo quante gare di atletica, almeno di una qualche rilevanza, da allora sono state organizzate nel S. Nicola. Ci parlarono anche delle proteste e delle difficoltà create da alcuni in merito alla ventilata demolizione, nel corso dei lavori per l’antistadio, della masseria esistente nel comprensorio, che avrebbe rappresentato un patrimonio culturale e paesaggistico importante, e che pertanto non fu demolita con la promessa anzi di restaurarla e valorizzarla. Ora si parla che nel progetto di ammodernamento dell’impianto gli spalti saranno riavvicinati al terreno, con eliminazione della pista (!). Una vicenda kafkiana, non vi pare? Nel caso la cosa vada a termine, in merito alla qual cosa dubito fortemente, chi protesterà questa volta? Tutto in nome dello Sport.

Villy Calabrese

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Sezione: Lettera del Tifoso / Data: Gio 12 ottobre 2017 alle 17:00
Autore: Redazione TuttoBari
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