Attualmente “a spasso”, ma non per sua scelta, Gianfranco Mancini, tecnico classe 1972 e ben noto nei confini pugliesi e non per i suoi (sinora) diciotto anni di carriera da allenatore, ci ha raccontato un po’ di sé. Dopo una breve carriera da calciatore il mister nativo di Polignano a Mare ha capito che insegnare il suo credo calcistico ad altri doveva essere la sua strada. Prima gli inizi nel settore giovanile del Conversano (esordienti e allievi), poi passa al Monopoli, società che all’epoca militava in Promozione, per dirigere la Juniores e poi anche la Prima squadra. Verso la fine degli anni ’90 il ritorno nella sua Polignano (Prima categoria), ma solo per anno per poi andare due anni a Capurso, sempre in Prima. Dopo un anno “sabbatico” torna a casa dove in due anni ha fatto ”l’ascensore” dalla Promozione alla Prima e ritorno. In seguito la sua bravura lo porta anche fuori dai confini della Puglia: in Emilia, infatti, ha guidato la Centese in D, il Boca San Lazzaro in Eccellenza ed anche il Boca Pietri Carpi, in questi anni mettiamoci pure un ritorno alla base per allenare in Promozione il Laterza e le importanti esperienze come osservatore per Spal e Torino.
Tuttobari.com ha chiacchierato con uno dei tecnici più bravi che la Provincia barese abbia generato, dalle origini ai progetti futuri passando per l’ultima esperienza, quella di Castellana.
Ciao Gianfranco, come spesso accade partiamo dalle tue origini e quindi raccontaci un po’ la tua storia da calciatore.
“Ho iniziato nel settore giovanile del Monopoli, poi Conversano e dopo qualcosina anche a Polignano ma niente di che. Nel ’91 andai ad Avellino che allora militava in serie B e fui aggregato alla formazione Primavera. Dopo sono tornato a Conversano dove ho smesso la piccola carriera di calciatore per motivi fisici ed ho iniziato ad allenare nel vivaio”.
Possiamo dire che è iniziata per gioco, fra virgolette, la tua carriera da allenatore?
“A dir la verità, il fatto di aver smesso giovanissimo col calcio giocato e questo sogno di diventare un calciatore che non si realizzava, mi hanno spinto a cercare di fare altro pur di rimanere nel mondo del calcio di cui sono un grande appassionato. A Conversano, società che non esiste più, ai tempi della Promozione, mi si presentò questa opportunità e da lì iniziai; poi col passare del tempo capii che avevo trovato la mia giusta dimensione”.
Andiamo subito al sodo che cos è che non ha funzionato a Castellana?
“Secondo me ha funzionato tutto, l’unico problema erano i risultati. Vedrai che la squadra messa su ed il lavoro fatto pagheranno e il Castellana si salverà. La partenza era stata buona, fra l’altro siamo pure approdati alla semifinale di coppa Italia, l’unica cosa è che dopo la partita di Maruggio gli equilibri di gruppo si sono rotti. La colpa è stata anche mia perché forse ho calcato troppo la mano, affrontando a muso duro i ragazzi durante le riunioni fatte in quella settimana. È stato un momento che non ci è girato bene, perdendo partite per 1-o al novantunesimo tipo col Cerignola. Ci voleva soltanto un po’ più di tranquillità”.
De Luca ora la scelta giusta per salvarsi?
“Claudio è sicuramente un tecnico giovane e preparato, in più è stato anche un mio ex calciatore. L’ho infatti allenato per due-tre anni e tuttora abbiamo un ottimo rapporto e ci sentiamo spesso. C’è da dire che a seguito delle mie dimissioni l’ha squadra ha difatti avuto quella reazione che tutti ci aspettavamo”.
Anche il dg Leo Vinci ha infatti spesso ribadito che dopo di te sarebbe toccato ai giocatori.
“Dopo essere andato via io è normale che la società ha preso posizione anche nei loro confronti dicendo che erano tutti in discussione. Secondo me i giocatori anche per questa crisi che c’è in giro hanno preferito rimanere in una società come il Castellana, piuttosto che rischiare di andare altrove. Poi, ribadisco, è un gruppo di persone serie, dalla società ai giocatori, e la salvezza a queste condizioni non la si può mancare”.
Ti faccio una domanda che stona anche un po’ con la tua realtà, ma non ti sembra che ci siano diverse analogie fra il Bari ed il tuo Castellana?
“E’ inutile dire parole sentite e risentite. Ventura, che tanto ha fatto bene nello scorso campionato, non può diventare un brocco da un giorno all’altro. Il problema a Bari, secondo me, è che innanzitutto due campionati a grandi livelli non li puoi fare, a meno che tu non sia Juventus o Inter e quindi puoi permetterti di fare un mercato di un certo tipo. I giocatori, forti dello splendido campionato fatto, si sono un po’ cullati e poi mettici pure che si è perso equilibrio nel reparto arretrato. L’analogia fra le due squadre – continua - non la vedo anche perché il Castellana è una squadra nuova di zecca visto che gli elementi dell’anno scorso sono andati via e si è puntato (saggiamente) ad un campionato “in economia” riducendo i costi anche perché l’obiettivo è la salvezza. In questi termini ho apprezzato molto quanto dettomi dalla società ad inizio stagione, quando mi fu palesato che c’erano ics risorse e con quelle bisognava costruire la squadra”.
Un’ultima battuta prima di salutarti. Cosa bolle in pentola per Gianfranco Mancini?
“Ora, siccome sono Consigliere Regionale dell’Associazione Allenatori e mi occupo dei corsi in Puglia, sto svolgendo il corso a Taranto come responsabile. In più sto preparando dei progetti a livello nazionale sul settore giovanile che spero vadano in porto. Ovviamente il campo mi attira e vorrei tornare ad allenare quanto prima, magari al nord dove l’ambiente è diverso e ho diversi amici e contatti, però a prescindere dalla posizione geografica mi preme sposare un progetto serio e a lunga durata”.
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