La contestazione alla società, una squadra frequentante i bassi fondi della classifica e il morale basso. Per Bari, una vecchia storia. Era la stagione 2013-2014, la tifoseria era in conflitto aperto con la presidenza dei Mattarrese, allo stadio presenziavano solo poche persone per vedere una squadra costruita con pochi spicci, navigare nelle torbide acque dei playout.

Poi, proprio da marzo 2014, la svolta: coadiuvata dal fallimento della società, una squadra che a malapena percepiva lo stipendio, senza fondi per le trasferte o maglie per giocare, faceva di tutto per tornare a riempire il San Nicola. Dall’iniziativa social ‘comprate la Bari’ ai ritrovi, tramite invito in video, al ritorno dalle trasferte in stazione o aeroporto, Sciaudone e co. avevano fatto ri-innamorare Bari del Bari -in quella particolare occasione “della Bari”-.

Da quel momento in poi, la fuga dai playout si è trasformata in una corsa playoff, poi non vinti. Ma, comunque festeggiati. Perché, a volte, i risultati sono solo la conseguenza dell’entusiasmo generale, e non per forza la causa. Ed è quello di cui ha disperatamente bisogno questo Bari.

Il rapporto con i De Laurentiis, tra promesse non mantenute e dichiarazioni infelici, è ormai compromesso. A meno di una trasparente dichiarazione di intenti -a salvezza ottenuta- in linea con le ambizioni della piazza, la fiducia sarà difficile da riconquistare. Per la squadra, invece, il compito meno arduo è quello di trascinare un pubblico già largamente presente e, forse, troppo spesso chiamato in causa. Serve una scintilla, una fiamma da cui far scaturire i risultati, utili quantomeno a salvare la pelle. Per ritrovare quella 'unione d'intenti' richiesta a più riprese.

Sezione: In Primo Piano / Data: Dom 24 marzo 2024 alle 17:30
Autore: Luigi Arbore
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