"Bari è la mia città, la città che amo e dove ho deciso di passare la mia vita anche quando avevo la possibilità di andare altrove". Inizia cosi l'intervista rilasciata dal presidente del Bari Gianluca Paparesta a BMagazine, il mensile online dedicato alle vicende ed ai protagonisti principali del campionato cadetto.  Tanti i temi trattati: dalla sua nuova avventura nel calcio, passando per gli obiettivi stagionali ed i confronti con la precedente esperienza da arbitro.

Ma da dove nasce l'interesse dell'ex opinionista Mediaset per il galletto? "Sono sempre stato un tifoso del Bari - spiega - e quando ho iniziato a fare l'assessore mi sono impegnato per trovare alternative alla vecchia proprietà. C'erano soggetti stranieri interessati a rilevare una società che ha sempre avuto potenzialità enormi. Ho cercato una soluzione per la squadra che per tanti baresi rappresenta un motivo di aggregazione e di condivisione di valoro positivi".

Una passione - quella del Bari -  che però ha sin qui dovuto affrontare non pochi ostacoli, anche per quanto riguarda la classifica: "E' vero non è semplice, ma devo confessare che mi piace tutto. Ci sono momenti di entusiasmo come quelli dei playoff e momenti difficili. Ma sono belli anche quelli, perchè se fosse tutto facile non ci sarebbe divertimento. Serie A? Ci abbiamo pensato troppo. Con undicimila abbonati e tre - quattromila tifosi in trasferta sembrava all'inizio una cosa scontata".

Capitolo marchio. In molti ritengono che la nuova società si sia privata di quel simbolo - ossia il galletto - che da sempre ha identificato il club barese in giro per l'Italia. Paparesta, però, sull'argomento la pensa diversamente: "Il galletto è un simbolo del Bari calcio e non è sparito. E' rimasta la cresta rivolta in avanti rispetto al passato. Abbiamo immaginato un logo che potesse racchiudere la storia della società. L'obiettivo era quello di contenere tanti messaggi in un unico simbolo senza rinnegare le nostre origini".

Infine, uno sguardo rivolto al recente passato, in particolare quello relativo alla carriera da arbitro. Quali le differenze con una vita da dirigente? Il presidente dei galletti non ha dubbi: "Sono ruoli e contesti diversi. Il fatto di aver arbitrato fa parte della mia esperienza di vita, ma fare il presidente della squadra per cui ho sempre tifato è il massimo. Il rapporto con i calciatori è sempre basato sul dialogo. Se quando arbitravo volevo avere meno problemi possibili, ora il dialogo deve portare a far sentire loro sicuri e consapevoli della presenza della società".

Sezione: In Primo Piano / Data: Mar 23 dicembre 2014 alle 16:00
Autore: Domenico Brandonisio
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