Tre vittorie nelle ultime diciassette giornate di campionato (Modena, Lanciano e Grosseto, ndr). Questo lo score, impietoso, del Bari di Vincenzo Torrente, ieri respinto e battuto anche dal Varese in casa per 1-0. Un risultato amaro, che arriva dopo il deludente pareggio di Terni e la sconfitta, altrettanto amara, rimediata due settimane fa al 'San Nicola' contro l'Ascoli di Zaza.
Ma cosa succede ai biancorossi? C'è qualcosa nello spogliatoio barese che sembra proprio non funzionare più, e non si tratta solo di stimoli, venuti tristemente meno nelle ultime uscite di stagione. L'equilibrio e la serenità del gruppo sembrano minati da qualcosa, svaniti nel nulla, e le performance in campo, al netto dei meriti del nemico, sono li a dimostrare la pochezza di un gruppo che, sino a qualche tempo fa, si distingueva dalla massa per la spensieratezza, e la qualità, con cui scendeva in campo.
Inevitabile, dopo l'ennesima batosta, il disappunto della tifoseria biancorossa, ieri presente in minima parte sulle gradinate dello stadio San Nicola (solo 185 i paganti). Al triplice fischio del direttore di gara, quelli della curva nord hanno respinto i giocatori con fischi e paroloni: il malcontento della piazza è legittimo, cosi come i fischi dopo l'ennesimo passo falso che, di fatto, ha gettato il Bari in fondo alla classifica.
Un rimedio ci dovrà pur essere ma, per uscire da questa crisi, ci vorrà l'impegno, e il sostegno, di tutti. E, a questo punto, d'obbligo è l'invito, il grido d'aiuto, che facciamo alla proprietà, lontana come non mai dalla propria creatura. Non basta passare dalle parti di via Torrebella per un semplice saluto (come successo venerdi scorso, con Antonio Matarrese che, a sorpresa, si è presentato in sede per, appunto, un semplice quanto insignificante saluto). Non basta garantire, di tanto in tanto, la sopravvivenza del club con firme garanti che, di fatto, garantiscono ben poco se non il momentaneo salvataggio, nuovamente messo a repentaglio dalle prossime, ed imminenti, scadenze. Tra meno di sette giorni, infatti, la società biancorossa dovrà sborsare una cifra vicina al 1.6 milioni di euro per onorare tasse e stipendi. Il conto è, come sempre, povero di risorse, ed il cauto ottimismo della dirigenza non fa sperare nulla di buono, lasciando intravedere altri punti di penalizzazione in arrivo, all'orizzonte.
Nel nostro calcio (malato da anni), ci sono tanti club che, seppur chiusi nella morsa della crisi e con scarse risorse finanziarie, riescono ad andare avanti (spesso bene) sopperendo alla mancanza di fondi con il cuore, la passione, la determinazione, la competenza, l'esperienza e le capacità dei suoi componenti. A Bari, invece, non funziona così. Una volta deciso di non investire più capitali, si è anche pensato bene di togliere alla squadra anche il sostegno morale, rimettendo nella mani di pochi intimi il destino dell'intero complesso biancorosso, sempre più vicino alla deriva (e non solo per gli ultimi, sconvenienti, risultati del campo).
Qui si sta giocando troppo con l'amore, la passione e la pazienza (oramai esaurita), di un'intera Città, sempre più sfiduciata e tradita da una società che fa orecchie da mercante, gira la testa, e ignora il club con tutte le sue difficoltà.
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