Un dramma, rappresentato da un cancro sconfitto dopo quattro anni di cure e operazioni chirurgiche che mai ne hanno scalfito la speranza, la forza e la voglia di tornare ad una vita normale, migliore. Klas Ingesson è oggi un uomo nuovo. La sua rincorsa è partita dalla panchina dell'Elfsbor, formazione svedese con cui l'ex mediano del Bari ha subito ottenuto una vittoria ed un pareggio. "Mi considero solo di passaggio in prima squadra, sino a fine torneo, tra circa un mese - racconta lo svedese ad 'Extratime' come riporta goal.com - Non frequenterò il corso per conseguire il patentino di tecnico di primo livello. Almeno per ora, non lo accetto. Dopo aver girato il mondo da calciatore a certi livelli, mi sembra assurdo che abbia bisogno di superare un corso per essere abilitato ad allenare una prima squadra. Vorrei essere un mix ideale dei miei maestri Fascetti e Mazzone".
"Nel caso, tornerò a lavorare con i giovani - continua Ingesson - Nel periodo più difficile della mia vita, proprio i ragazzi mi hanno dato la forza per resistere. Se mi posso ritenere guarito? E chi me lo garantisce? Per tre anni e mezzo mi sono lasciato bombardare di farmaci per tentare di debellare il mieloma. Nello scorso gennaio, ho giocato l'ultima carta della speranza: il trapianto di cellule staminali. E' andato male l'auto-trapianto, invece è riuscita perfettamente l'operazione grazie alle cellule di un tedesco. Vorrei conoscerlo. Mi ha salvato, lo guarderei in faccia per trasmettergli la mia felicità, il mio senso di gratitudine. Ogni tre settimane mi sottopongo a controlli presso l'ospedale di Linkoping. E tutto procede bene".
Ingesson, a fatica, ripercorre quei momenti terribili in cui la malattia sembrava voler a tutti i costi prendere il sopravvento. Una sofferenza indelebile... "Sono passato da 79 a 106 chili, in una parabola di valori che mi abbattevano. In certi giorni ho pensato di non avere la forza per continuare la battaglia. Mia moglie Veronica e i nostri due figli sono diventati le catene alle quali mi sono legato per far scattare la molla psicologica. Il calcio mi ha aiutato tanto. Un messaggio a chi sta lottando contro il cancro? Devono crederci, avere la fiducia nei medici e il coraggio per restare attaccati alla vita. Ogni mattina mi considero un superstite, che può godersi un altro giorno. Ho ricevuto migliaia di messaggi da ex compagni, tecnici e tifosi".
"Cosa mi manca di più? Mi sono sottoposto a nove interventi chirurgici alla schiena: al limite, posso andare in bicicletta, ma con cautela. Ora peso 94 chili, nella mia media. Mi piacerebbe correre e invece non ce la faccio, non ho più muscoli. Ma, visto che da calciatore ho dato tanto sul piano atletico, ora posso riposarmi. Mi godo Veronica, Martin e Davide: finalmente non soffrono per causa mia. Ora si aprirà la caccia all'alce. E continuerà lo spettacolo della mia vita infinita. Prima o poi, tornerò in Italia per trascorrere un po' di tempo con i vecchi amici".
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