22 presenze, zero gol. Questo dicono le statistiche sui mesi passati da Simone Iocolano con la maglia del Bari. Ci sono cose però che i freddi dati numerici non dicono. Parabole umane e sentimentali che sfuggono alla possibilità di essere raccontate attraverso la contabilità di Transfermarkt. Pochi minuti al telefono ci son serviti per capire che l'esperienza in Puglia ha lasciato un solco profondo nel libro dei ricordi dell'ex galletto. Ecco quello che ci ha raccontato in esclusiva per i nostri microfoni.
Partiamo dal presente, Simone. Sei stato il primo acquisto della gestione Berlusconi-Galliani del Monza. Stagione fin qui abbastanza complicata per voi. "Vero. Il cambio di proprietà ha scosso l'ambiente. Voglio essere chiaro: nessuno della nuova proprietà ci ha detto che siamo costretti a vincerle tutte. Inconsciamente però noi calciatori abbiamo sentito maggiore pressione e questo si è visto in campo".
Immagino che questa voglia di riscatto tu la viva anche sul piano strettamente personale. La Serie B ti è stata strappata brutalmente. "Faccio una premessa: quella di Monza è stata una mia scelta precisa. Ho preferito abbracciare il progetto di una squadra di Serie C ambiziosa che accettare alcune offerte dalla B. La promozione comunque è un obiettivo complicatissimo: questa categoria è anche più difficile della cadetteria, qui appena hai un calo di concentrazione ti bastonano".
Dicevamo della voglia di riscatto personale..."Quella c'è, indubbiamente. Grazie al Bari l'anno scorso ho conquistato finalmente la B, ma ormai avevo già 28 anni. Abbiamo agganciato i playoff e, fuor di retorica, per me, dopo tanta gavetta, arrivare in Serie A sarebbe stato il coronamento di un sogno. É andata come è andata, devo guardare avanti".
Ti rimproveri qualcosa? "Rimpiango di aver inteso per molto tempo il calcio solo come un gioco. In una fase successiva ho capito che questo era il mio lavoro, oltre che un divertimento, e che dovevo mostrare sempre la massima professionalità. A un certo punto però mi sono svegliato. La chiamata del Bari è stata una grande soddisfazione, a maggior ragione dopo due promozioni sfiorate con il Bassano e l'Alessandria".
É stato Sogliano a volerti? "Penso di sì, e mister Grosso poi ha dato l'ok all'operazione. Il Bari aveva visto da poco sfumare l'acquisto di un giocatore con le mie caratteristiche e allora Sogliano ha pensato a me. Un giudizio sulla mia stagione? Ho vissuto momenti non facili ma credo di essermi sempre fatto trovare pronto".
Torniamo al giorno in cui hai saputo che il Bari era ufficialmente fallito. Ce lo puoi raccontare? "Un colpo al cuore. La cosa che non dimenticherò mai sono le facce dei magazzinieri. Di fatto avevano appena perso il lavoro. Uno di loro, Dino, fortunatamente era a pochissimo dalla pensione, gli altri due più giovani sono stati invece confermati dalla nuova proprietà. Sono felice per loro. In quei momenti però il mio pensiero era: noi calciatori in un modo o nell'altro andremo avanti, ma loro?"
Cos'altro ricordi di quel giorno? "Eravamo in ritiro, da tempo ormai le voci sul pericolo del fallimento si rincorrevano. Sogliano però ci rassicurava, diceva di pensare ad allenarci e basta. E noi infatti ci allenavamo con grande serietà. Quel fatidico giorno la tensione era altissima, aspettavamo che arrivassero le 7 del pomeriggio per sapere la verità. A un certo punto si è palesato il direttore, che evidentemente fino a poco prima era rimasto all'oscuro di tutto. É venuto da noi e ci ha detto: ragazzi, non so come dirvelo ma siete liberi di trovarvi un'altra squadra".
E Giancaspro? "Sparito da giorni. Mai più visto, mai più parlato con lui".
Cosa vuoi aggiungere sulla vicenda? "Non auguro a nessuno di vivere momenti così. Certo, sai che non è colpa tua, sai che le offerte comunque arriveranno. Rimane però la sensazione di vivere sulla propria pelle una tragedia sportiva".
Solo qualche settimana prima avevate giocato i playoff col Cittadella. Con che spirito affrontaste quella gara dopo la penalizzazione e il rinvio? "Al di là dei problemi societari sapevamo che in campo dovevamo fare il nostro dovere. La verità però è che non ci stavamo con la testa. E questo nervosismo spiega le espulsioni della gara di ritorno".
Cosa ti resta di quei mesi a Bari? "Resta il pensiero che da quella città non sarei mai voluto andato via. Stavo da Dio, il rapporto con i tifosi era splendido e in pochi mesi sono riuscito a trovare tanti amici fuori dal mondo del calcio. Mi allenavo con grandi giocatori e cercavo ogni giorno di imparare qualcosa. Ero contento, sempre col sorriso sulle labbra, finalmente avevo l'occasione di dimostrare il mio valore in una grande piazza. É stata una sofferenza lasciare Bari e ci tornerei anche domani. Peccato davvero sia finita così".
Adesso che effetto ti fa vedere il Bari primo, ma in Serie D? "E ci mancherebbe anche che non fosse primo, con i giocatori che ha! Come tutti penso che quella città, quella squadra non c'entrino nulla con la categoria. Dopo aver toccato il fondo ora però i biancorossi possono davvero tornare grandi".
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