Un triennio fantastico, in una piazza stupenda. Questi i ricordi baresi di Carlo Perrone, versatile centrocampista offensivo, in biancorosso dal 1987 al 1990. Settantuno presenze e 11 reti per lui in campionato, a cavallo tra serie B e massima serie. In esclusiva ai nostri microfoni, il sessantenne, oggi allenatore, racconta: “Arrivai a Bari, grazie alla stima di mister Catuzzi. Un maestro di calcio, che ho ripagato con una grande stagione, sul piano personale, con 8 gol. Giocavamo davvero bene, ma non centrammo la A, per pochi punti. L’anno successivo arrivarono rinforzi di livello, soprattutto in attacco, con gente come Monelli e Scarafoni, e Salvemini in panchina.”

Un’annata trionfale, quanto a risultati, ma dolorosa individualmente: “Feci un’ottima preparazione, ed avevamo davvero una grande squadra. In Coppa Italia battemmo 2-0 il Napoli di Maradona. Ma, quella stessa sera, un fallo di Renica mi procurò la rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio destro. Rientrai solo a poche giornate dalla fine del torneo. Nonostante una serie di infortuni gravi ai danni di molti compagni, come Lupo e Laureri, riuscimmo a centrare la promozione.”

Fu il primo anno tra i grandi del pallone nostrano, per Perrone: “Arrivarono Gerson, Joao Paulo e Lorenzo. I brasiliani fecero la differenza. L’impatto con la massima serie fu ottimo. Per le mie caratteristiche, mi trovai bene, perché quasi nessuno marcava a uomo a tutto campo, come in cadetteria. Fu una salvezza entusiasmante.”

L’ultima gara della sua esperienza in biancorosso gli procurò un’emozione indelebile: “La finale di Mitropa Cup, al Della Vittoria, contro il Genoa. Fu l’ultimo incontro in quello stadio, l’impianto storico dei galletti, prima dell’inaugurazione del S. Nicola. Finì 1-0, e segnai io. Alzai il trofeo, da capitano. Nemmeno uno sceneggiatore avrebbe potuto immaginare un finale simile. Una gioia indimenticabile.”

Sezione: Amarcord / Data: Mar 28 aprile 2020 alle 18:30
Autore: Giovanni Gaudenzi
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