Per l’ultima volta in questo 2023, oggi, si gira la pagina del calendario. Dicembre porta con sé, come sempre, il momento per i bilanci dei 365 giorni che volgono al termine. In casa Bari è quanto mai complesso fare una valutazione a 360° sull’anno che si sta concludendo.
I primi sei mesi di stagione hanno rasentato la perfezione. Sotto la sapiente gestione di Michele Mignani il Bari neopromosso ha vissuto una prima parte dell’anno ricca di traguardi e soddisfazioni. Grazie ad alcuni innesti intelligenti arrivati nel mercato di gennaio (su tutti, Esposito) e, soprattutto, grazie ai frutti dell’ottima semina svolta l’estate precedente da Polito, i biancorossi hanno vissuto una prima parte dell’anno eccezionale, che li ha portati a contendersi con il Genoa la promozione diretta.
Esattamente alla metà del calendario, a giugno, però, si colloca la data spartiacque. Sì, perché è proprio il caso di parlare di un Bari avanti Cagliari e dopo Cagliari. Il Bari a.C. è stato una squadra entusiasta, leggera, primaverile. Il Bari d.C. è una squadra incupita, ingrigita e autunnale. Una squadra, la prima, che puntava sulla fame di ragazzi arrivati all’occasione della vita in Serie B (Cheddira, Caprile, Benedetti), l’altra, la seconda, che punta su giocatori, anche esperti e maturi, che sembrano però pascolare per i campi della cadetteria sazi e appesantiti dalle loro carriere.
L’anno vissuto dai tifosi del Bari è, dunque, essenzialmente a due facce. In mezzo a queste due facce - oltre al trauma - c’è stato il silenzio. Il silenzio di una società che si è resa colpevole di scarsa chiarezza e di una programmazione poco trasparente. Restano ancora irrisolte questioni cruciali, come, per esempio: che cosa ne sarebbe stato del Bari qualora il tiro di Folorunsho fosse stato qualche centimetro più in basso? Oppure, ancora: perché giocatori come Cheddira e Caprile (oggi poco più che riserve in Serie A) non si potevano a nessun costo trattenere per un altro anno in Serie B, mentre un giocatore come Pohjanpalo è potuto rimanerci? Sono domande che continuano a non avere risposta. E negare le risposte a queste domande continua ad alimentare la frustrazione di un popolo che si è sentito sedotto e poi abbandonato in balia della nebbia programmatica.
È stato un anno bipolare. La prima parte, la più luminosa, ha lasciato presto il campo alla seconda, quella più tragica. D’altronde, si sa, nella tragedia greca l’evento catastrofico viene sempre dopo il momento di massima esaltazione collettiva. E allora, come cantava Lucio Dalla, se quest’anno poi passasse in un istante il popolo barese conserverebbe il ricordo di un’impresa sfiorata, cui è seguito uno stillicidio. Verranno giorni migliori: Bari lo merita.
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