La nuova formula della Coppa Italia, che prevede la partecipazione delle società di serie A e B, e di sole 4 compagini di Lega Pro, per quest’anno ha escluso il Bari dalla competizione nazionale che assegna il trofeo tricolore, consentendo al vincitore di accedere all’Europa League. Dopo il turno preliminare, l’unica squadra di C ancora in corsa è il Catanzaro, con l’eliminazione simultanea di Avellino, Padova e Sudtirol.
Sarà quasi impossibile, dunque, che in questa manifestazione si ripeta una pagina di storia come quella scritta dal Bari nel 1983-’84, quando i galletti arrivarono fino alla semifinale del torneo, pur giocando in terza serie.
Uno dei protagonisti di quell’epopea fu Alberto Cavasin, allora roccioso difensore biancorosso. Il sessantacinquenne rammenta nitidamente quei momenti di gloria, di ormai trentasette anni fa. Quando un Bari operaio, allenato da Bolchi e sicuro di sé, dopo aver superato un girone di qualificazione difficilissimo, vincendo sul campo del Taranto e pareggiando le quattro sfide contro Perugia, Lazio, Catanzaro e Juventus, si trovò a dover fronteggiare ancora i bianconeri, nella fase ad eliminazione diretta.
In esclusiva alla nostra redazione, l’esperto allenatore ha dichiarato: “Ricordo bene quelle partite. Vincemmo a Torino, all’andata, per 2-1, con gol di Lopez in pieno recupero. E tutto il popolo barese attese con ansia il ritorno. Noi eravamo una squadra forte, vincemmo la C e poi salimmo, l’anno dopo, in massima serie. Quel Bari era stato costruito per fare risultati importanti, avevamo qualità, esperienza e la giusta dose di gioventù. A volte riguardo quelle partite, su internet. Il “Della Vittoria” pieno faceva venire i brividi. C’era gente già sei ore prima della partita. Trasmetteva una passione infinita. Io non ho dormito, la notte precedente quella gara. Vivevamo a Bari, sapevamo che le aspettative erano alte. I Matarrese erano una proprietà ambiziosa ed importante. Ma affrontavamo campioni come Platini, Scirea, Cabrini. C’era un’energia strabordante quel giorno. Tutta la città era ferma, per quell’evento. Raggiungemmo il 2-2 su rigore, a pochi istanti dal termine, e secondo me quel fantastico pomeriggio fu anche frutto della magia che si respirava nell’aria e ci consentì di superare la Juve, e poi, ai quarti, anche la Fiorentina.”
Il sogno continuò, infatti, contro i toscani, sconfitti 2-1 sia all’andata sia al ritorno: “I viola riuscimmo a batterli perché il loro campionato era finito, e li superammo quanto a grinta e determinazione, nonostante avessero in organico gente come Passarella e Bertoni. Potevamo farcela anche con il Verona, in semifinale. Ma gli scaligeri, allenati da Bagnoli, giocarono partite umili, e noi arrivammo più stanchi di loro, perché troppo impegnati a centrare la promozione in B. Fu un vero peccato non coronare quell’impresa con un successo che sarebbe stato storico.” Una di quelle storie da ricordare, che, se il format del trofeo nazionale resterà quello attuale, saranno sempre più rare.
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