Sono 133 le presenze collezionate, con la maglia del Bari, dall’indimenticato estremo difensore Alberto Fontana, protagonista in biancorosso dal 1993 al 1997. Un quadriennio ricco di gioie e di dolori, con due promozioni dalla B alla A, una salvezza in massima serie ed una mesta retrocessione.

L'ex giocatore, oggi cinquantatreenne, racconta: “Il primo anno avevamo una squadra fantastica, ed un gruppo splendido, per la cadetteria, con Joao Paolo, Barone, Tovalieri, Protti, Alessio. La piazza era un po’ demotivata, almeno inizialmente, ma fu una cavalcata bellissima, grazie all’entusiasmo che riuscimmo a ricreare.” 

L’inserimento in città non fu difficile: “Con noi c’era Ricci, con il quale sono cresciuto nel settore giovanile del Cesena, ma ricordo tutti quei ragazzi con piacere.”

Il secondo posto conseguito in campionato portò il portiere ad affrontare la A con i biancorossi: “Fu un’altra grande annata, sempre con mister Materazzi in panchina. Vincemmo 2 volte a Milano, fino a marzo sperammo di andare in Europa. Ci salvammo, eravamo una squadra molto difficile da affrontare.”

Poi, nel 1995-’96, l’incredibile discesa in B: “Arrivarono giocatori forti, come Ingesson e Kenneth Andersson. Igor vinse il titolo di capocannoniere. Nel girone di ritorno, subimmo 8 calci di rigore nei minuti finali di alcune gare. Forse, se fosse esistito il Var, quell’anno, sarebbe finita diversamente. Infatti, adesso, sono favorevole alla tecnologia applicata al calcio.”

Infine, l’ultima promozione, prima di salutare i galletti: “Quell’estate avevo pensato di andar via, ma mi convinsero a restare. Volevo ripagare Bari degli anni bellissimi che mi aveva regalato. E, con Fascetti alla guida, grande motivatore, facemmo un girone di ritorno straordinario e firmammo l’impresa.”

Quindi, il giocatore scelse di andare all’Atalanta, ma il legame con il capoluogo pugliese non si è mai spezzato: “Ho ancora molti amici, e rischiai di tornare a difendere la porta barese, a 42 anni. Perinetti mi propose un contratto, già firmato dalla società, quando c’era Conte. Ma non me la sentii di accettare, conoscendo i ritmi di lavoro dell’allenatore, e declinai l’offerta. Il ds mi rivelò che fu la prima volta in carriera che un atleta rifiutava un accordo già siglato dalla proprietà.”

Per “Jimmy”, come lo chiamavano i tifosi in un celebre coro, i colori biancorossi restano nel cuore: “Seguo ancora Vivarini ed i suoi. Non devono mollare e continuare a crederci, il campionato è ancora lungo.”

Sezione: Amarcord / Data: Mar 11 febbraio 2020 alle 15:30
Autore: Giovanni Gaudenzi
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