L'ultima promozione in A del Bari compie, in questa stagione, sedici anni. Un'eternità per la piazza barese che aspetta, da quel momento, un nuovo sussulto in serie cadetta. Per celebrare quell'incredibile annata, la stagione 2008-09, abbiamo intervistato i protagonisti di quel campionato. Il settimo intervistato della nostra rubrica è Felipe Sodinha, quattro presenze con la maglia del Bari da agosto a dicembre 2008.

Sulla tifoseria barese: 'Quello che mi rimane di Bari è l'affetto della gente, un calore che ti dava una carica incredibile ed un qualcosa di unico, difficilmente spiegabile".

Sui compagni: "Eravamo un gruppo fantastico ed unito. Se devo dire dei nomi scelgo Barreto,un talento purissimo e dal sorriso contagioso. Con la palla tra i piedi faceva magie. Ho legato anche con Caputo, una persona leale e sempre pronta alla battuta. Il nostro spogliatoio era un mix di talento e umanità che fece le fortune di quel Bari".

Su Conte: "Conte era un martello, un allenatore dalla mentalità incredibile. Pretendeva tanto ma ci restituiva tantissimo. La sua cura maniacale per i dettagli e la sua grinta sono stati fondamentali per trasmettere la fame di vittoria che poi ha portato il Bari lontano".

Un aneddoto su quella stagione: "Ce ne sarebbero tanti, ma ne ricordo uno in particolare.Dopo una vittoria importante Conte ci fece fare un allenamento extra la domenica mattina. Eravamo stanchi, ma lui ci disse con il suo solito tono determinato: "Ragazzi, la vittoria è acqua fresca, bisogna continuare a lavorare!". Ecco, questo aneddoto racchiude un po' la sua filosofia.

La differenza tra giocare in Italia e giocare in altri campionati: "In Italia il tatticismo è esasperato, si cura ogni minimo dettaglio difensivo. È un calcio molto più "ragionato", dove gli spazi sono pochi e devi essere bravo a trovare la giocata giusta. In altri campionati, come quelli brasiliani dove ho giocato, c'è più spazio, più libertà di espressione, ma forse meno organizzazione tattica".

Su chi sarebbe potuto diventare un grande calciatore, risponde: "Se devo fare due nomi dico Caputo e Siligardi. Ciccio aveva un fiuto per il gol incredibile. Sapeva sempre dove farsi trovare in area, un vero opportunista. E poi, quando aveva la palla tra i piedi, era difficile togliergliela. Siligardi era un centrocampista con una visione di gioco pazzesca. Vedeva passaggi che gli altri non si sognavano nemmeno. Un regista nato, capace di dettare i tempi della squadra e di inventare giocate decisive. Peccato che nel calcio non sempre le cose vanno come ci si aspetta, ma io in loro ci credevo davvero tanto.

La sua nuova vita a Brescia: "Adesso vivo a Brescia, una città tranquilla che mi piace molto. Continuo a giocare e sto collaborando con una agenzia che si dedica a scoprire e valorizzare i giovani calciatori di talento. È un lavoro stimolante, mi permette di mettere a frutto la mia esperienza e la mia sensibilità per riconoscere quei ragazzi che hanno la scintilla, quel qualcosa in più che può farli diventare dei campioni. E chissà, magari un giorno vedremo qualche "gioiellino" scoperto qui a Brescia vestire la maglia del Bari... sarebbe bellissimo!"

Sezione: In Primo Piano / Data: Mer 30 aprile 2025 alle 23:00
Autore: Armando Ruggiero
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