C’è una domanda che sussurra sempre più forte tra le pieghe di questa stagione: chi guida davvero il Bari? In un campionato vissuto sull’ottovolante, tra rimonte subite, blackout inspiegabili e fiammate troppo brevi per essere chiamate continuità, una risposta concreta sembra mancare. Forse, tra i tanti fattori, uno pesa più di quanto si pensi: la mancata efficacia di tutti i leader. Non quelli con la fascia al braccio, ma quelli che alzano la voce quando conta, che tengono lo spogliatoio dritto anche dopo una sconfitta che fa male.
La rosa biancorossa non manca di esperienza. Giocatori navigati, con anni di professionismo alle spalle, abituati a reggere pressioni e aspettative. Eppure, quando la squadra traballa, il vuoto di personalità appare evidente. L’atteggiamento in campo lo conferma: spesso il Bari si scioglie alla prima difficoltà, perde l’ordine, si disunisce. I momenti di smarrimento non sono eccezioni, ma una costante preoccupante. E quando la barca sbanda, servirebbe qualcuno che tenga il timone fermo. Ma chi lo fa, oggi?
I nomi di riferimento non mancano. Il capitano Francesco Vicari, centrale affidabile e uomo-spogliatoio. Mattia Maita, tra i più longevi in biancorosso, simbolo di appartenenza. Ahmed Benali, con un curriculum di categoria superiore e una personalità da veterano. Raffaele Pucino, che di stagioni intense ne ha vissute tante. E Nicola Bellomo, il barese di talento, chiamato anche a un ruolo di esempio per i più giovani. Eppure, nessuno di loro – finora – è riuscito davvero a caricarsi la squadra sulle spalle nei momenti chiave. Non bastano qualche richiamo gestuale o una conferenza stampa equilibrata: la leadership vera si misura nella capacità di trascinare gli altri, di farsi sentire senza parlare troppo.
Quando invece il rendimento personale è incostante e le scelte in campo appaiono confuse, anche l’autorevolezza ne risente. Non si può chiedere agli altri di credere in una strada se sei il primo a camminarci con esitazione. Il risultato è una squadra senza figure di riferimento forti. I giovani, che pure hanno qualità, appaiono spesso disorientati. L’allenatore, dal canto suo, si trova a cercare trascinatori in ruoli imprevisti, costretto a reinventare gerarchie che in teoria dovevano essere già solide. Ma la leadership, si sa, non si insegna. Si dimostra. E al Bari, al momento, manca qualcuno che faccia da collante nei momenti chiave. Che metta la faccia quando tutto gira storto. Che dia la scossa.
Il problema, allora, non è solo tecnico o mentale. È strutturale. Perché un gruppo senza guide vere, nei momenti cruciali, si perde. E forse è proprio questa una delle radici dell’incostanza che ha segnato questa stagione. Più che una questione di gambe o di tattica, sembra una questione di spalle. Di quelle larghe, che oggi il Bari non riesce a trovare.
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