L’11 giugno 2023 avrebbe potuto segnare una svolta epocale nella storia del Bari. Una serata da tramandare, da incorniciare, da ricordare come l’inizio di una nuova era. E invece, quella finale playoff persa contro il Cagliari è diventata il simbolo di un’occasione mancata, il momento esatto in cui tutto si è fermato. Da allora, il tempo sembra essersi cristallizzato.

Due anni dopo, siamo ancora lì. Fermi. Bloccati. Impantanati. Il sogno della Serie A si è dissolto e ha lasciato spazio a una lenta, costante involuzione. Le stagioni successive hanno raccontato solo delusioni, grigiore, confusione. E l’ultima, in particolare, è stata il punto più basso di questo percorso: una squadra senza identità, senza anima, senza guida. E oggi, a distanza di quasi un mese dalla fine del campionato, tutto tace.

Non si conosce il nome del prossimo allenatore: Longo è ancora ufficialmente al suo posto, ma il dialogo con Nesta continua. Una trattativa che sembra simboleggiare perfettamente lo stato d’animo dell’ambiente: indecisione, stallo, incertezza. Nessuna notizia concreta, nessuna visione dichiarata, nessuna traccia di rilancio.

Il rischio più grande, oggi, non è tanto non andare in Serie A, ma perdere l’identità. Perdere il legame con una piazza che merita rispetto, chiarezza, futuro. E invece il Bari vive nel silenzio. Come se fosse rimasto prigioniero di quella notte di due anni fa. Come se tutto si fosse spento dopo quel maledetto 94’.

Il tempo non si ferma. Ma il Bari sì. E due anni dopo, fa ancora male.

Sezione: In Primo Piano / Data: Mer 11 giugno 2025 alle 18:00
Autore: Antonio Testini
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