La dichiarazione di Luigi De Laurentiis di voler affiancare un socio estero al Bari per puntare alla Serie A si inserisce in un modello di partnership strategica molto indicativo: quello della proprietà italiana che cerca capitali stranieri di minoranza per garantire la sostenibilità e la crescita del club, mantenendo la governance locale. Questo modello riflette la volontà di De Laurentiis di non vendere il brand, ma di irrobustirlo finanziariamente almeno fino al termine della proroga della multiproprietà fissata al 2028.
Storicamente, i casi di successo di questa formula sono stati limitati, spesso risolvendosi in cessioni complete o partnership di breve durata. Tuttavia, esistono episodi recenti che possono fare da riferimento per il percorso che potrebbe intraprendere il Bari. Il caso più rilevante e di successo recente di una proprietà italiana che ha scelto un partner estero di minoranza è l'Atalanta. Nel febbraio 2022, la famiglia Percassi ha ceduto il 55 per cento del pacchetto azionario a una cordata guidata da Stephen Pagliuca e dal fondo Bain Capital. Sebbene la quota di Pagliuca sia di maggioranza nominale, l'accordo prevedeva che la famiglia Percassi mantenesse la presidenza esecutiva e il controllo operativo del club, garantendo la continuità gestionale italiana. Questo modello ha portato a un significativo aumento dei capitali per investimenti infrastrutturali e sportivi, pur conservando l'identità del club.
Un altro caso passato che ha seguito un percorso evolutivo è quello del Bologna. L'imprenditore canadese di origini italiane, Joey Saputo, non ha iniziato immediatamente con l'acquisto totale. Inizialmente, nel 2014, Saputo ha fatto il suo ingresso nel club come socio di maggioranza relativa facendo parte della cordata di imprenditori americani, guidata da Joe Tacopina, che aveva rilevato la squadra. Sebbene fosse un accordo complesso, la presenza di Saputo (un capitale estero) ha agito inizialmente come un socio forte che ha iniettato fondi, prima di assumere il controllo totale successivamente, dimostrando come un ingresso graduale di capitali stranieri possa essere la prima fase di un'acquisizione.
Un esempio più datato è quello della Roma, dove nel 2011, per favorire l'ingresso del gruppo statunitense guidato da Thomas DiBenedetto e James Pallotta, il club passò per una fase in cui la banca italiana Unicredit deteneva una quota del capitale con l'obiettivo dichiarato di facilitare il passaggio di proprietà a investitori americani. Nonostante non fosse un socio di minoranza nel senso stretto, l'operazione ha coinvolto attori italiani che hanno facilitato l'ingresso di capitali stranieri con una visione di potenziamento strutturale, sebbene l'obiettivo finale fosse la cessione totale, cosa che potrebbe succedere anche al Bari.
Nel passato meno recente, c'è il caso dell'oriundo Umberto Lenzini, originario del Colorado: fu l'azionista di maggioranza della Lazio fra il 1965 e il 1981. Nonostante una breve esperienza giovanile nella Juventus Roma, fu con i biancocelesti che raggiunse il suo massimo successo: la vittoria dello Scudetto 1973-74. Malato e provato da vicissitudini esterne al campo, lasciò la presidenza al fratello Aldo, che fece da tramite per l'arrivo del nuovo presidente, il romano Gian Chiarion Casoni.
La ricerca di un socio estero da parte di Luigi De Laurentiis suggerisce che l'obiettivo sia emulare il modello Atalanta: attrarre risorse fresche e internazionali per gli investimenti necessari senza rinunciare alla governance italiana. Questa mossa è un segnale di forte discontinuità rispetto al passato, riconoscendo che i capitali familiari non sono più sufficienti per competere per la promozione in Serie A e stabilizzarsi nel massimo campionato.
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