Tre annate in biancorosso, per un centinaio di presenze complessive. Questi i trascorsi in riva all'Adriatico di Alberto Cavasin, protagonista con i galletti della scalata dalla C alla A, con Bolchi in panchina, tra il 1983 ed il 1986. L’ex terzino, sorprendentemente, scelse di arrivare a Bari, rinunciando ad ingaggi in categorie superiori: “Feci una scelta che corrisponde alla mia natura. Sono avvezzo a sfide con me stesso, fuori dal comune. Sono sceso dalla A alla terza serie, nonostante avessi parecchie richieste. Janich e Bolchi mi assillarono per molti giorni. Inizialmente, declinai l’offerta. Dopo qualche colloquio andato a vuoto, mi chiusero in una stanza con Vincenzo Matarrese. Il Presidente mi espose i programmi del Bari, il suo eloquio fu travolgente. Mi convinse ad accettare, dandomi garanzie sul piano tecnico ed economico. Si costruì un squadra fortissima, equilibrata, con dei giovani di grande valore come Loseto e De Trizio. Arrivarono Messina, Lopez, Conti. Fu una compagine costruita bene, con investimenti considerevoli. Si trattò, comunque, di un campionato duro. La C era molto complicata dal punto di vista ambientale e dispendiosa sul piano fisico. Facemmo anche una grande Coppa Italia, arrivando fino alla semifinale ed eliminando Juventus e Fiorentina, contro gente come Platini e Passarella.”
Il passaggio in cadetteria durò una sola stagione, con un'altra promozione: “Il secondo anno, anche grazie all’apporto di Bolchi, che insieme alla società fu un pilastro della rinascita del Bari, continuammo la nostra marcia trionfale. Vincere non è mai facile, ma l'allenatore aveva le idee chiare, consigliò di prendere grandi calciatori. Arrivarono Bivi e Bergossi, ma la personalità del mister risultò importante. Fu un condottiero, che riuscì a guidare il gruppo all'obiettivo, gestendo bene tutte le difficoltà, sul terreno di gioco e sul piano ambientale. Trovammo l’equilibrio, sul piano dei valori, in ogni reparto.”
L'impatto con il massimo campionato, invece, non fu felice: “La serie A era davvero complessa, in quegli anni. Mancammo un po’ sul piano realizzativo. Giunsero Cowans e Rideout, i due stranieri che erano chiamati a darci quel quid in più. Diedero il loro contributo, che forse fu inferiore alle aspettative. Comunque lottammo per salvarci, ma la sterilità offensiva ci fu fatale. Questo nonostante avessimo una struttura societaria forte, che non lesinò sforzi. Al termine di quella stagione, andato via Bolchi, mi spostai a Cesena, per motivi familiari. In ogni caso, nel capoluogo pugliese sono stato benissimo, e sarei rimasto volentieri.”
Sulle possibilità del club dei De Laurentiis di centrare il salto tra i cadetti, Cavasin è ottimista: “I ragazzi di Vivarini hanno dimostrato sul campo il loro valore, con i risultati. Chiaramente, ci sono delle incognite. L’assenza di pubblico, per i biancorossi, può essere un fattore negativo. Ma parliamo di una rosa di tutto rispetto, molto più forte delle concorrenti. Il mio pronostico è per il Bari, anche se sono un po’ di parte. Spero che possa raccogliere, con merito, quel che ha seminato durante l’anno.”
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