Per Vitali Kutuzov, uno degli eroi dell’ultima promozione dei galletti in massima serie, con Antonio Conte in panchina, nel 2009, quella pugliese resta un’esperienza importante, nonché l’ultima della sua carriera da calciatore.

Intercettato in esclusiva dalla nostra redazione, ha dichiarato: “A Bari l’unica difficoltà è stata quella di adattarmi ai ritmi di lavoro  del mister. Poi ho capito che il nostro straordinario rendimento dipendeva anche da quegli allenamenti dispendiosi. Mi sono subito integrato bene, nel gruppo, e la città mi accolse immediatamente, alla grande. Raggiungemmo l’obiettivo della serie A, giocando da grande squadra.”

L’anno successivo, con Ventura, la sua stagione iniziò con il botto, con un gol a S. Siro, contro l’Inter di Mourinho: “Partimmo alla perfezione, con quella rete ed un punto su un campo importante. Avevamo tanti dubbi, prima di quella partita a Milano. Molti compagni erano alla prima partita nel massimo campionato. Poi andammo spediti. A Natale mi operai al tendine di Achille. Fu una decisione concordata con Ventura e i dirigenti. Mi dissero che avrebbero puntato su di me anche nell’anno seguente. Eravamo già praticamente salvi, e scelsi di risolvere quel problema fisico.”

La seconda annata in A, però, non andò come tutti speravano: “Partimmo alla grande, poi mi feci male, e le cose peggiorarono, per me e per la squadra. Dopo l’intervento, fino alla partita di Marassi con il Genoa, tutto sembrava procedere per il verso giusto. In ritiro per quella gara, però, avvertii un dolore, dovuto ad un’infiammazione al tendine operato. Non ho più recuperato. Tutto l’anno cercai di riprendere, provai a forzare il rientro, sbagliando. Fu una retrocessione terribile, quell’anno lo rimpiango ancora adesso. Cercavo di essere importante, anche senza giocare. Presi un’altra botta, nel derby con il Lecce, a gennaio, e la mia stagione terminò lì. Avevo delle caratteristiche particolari, e non riuscirono a sostituirmi.

In serie cadetta, nel 2011-'12, gli ultimi mesi baresi: "In B, con Torrente, fu tutto assurdo. Mi misero fuori rosa, ad inizio stagione. Io non avevo altra scelta. Restai, perché volevo cercare di recuperare il tempo perduto e dimostrare il mio valore. Il mister, quando mi reitegrò, a dicembre, mi fece giocare quasi subito, nonostante non avessi i novanta minuti nelle gambe. Non ho mai compreso chi fosse il responsabile delle scelte iniziali, venne messo fuori anche Castillo. Il presidente, che ha fatto tanto per il  Bari, non c’entrava con queste decisioni. Giocai qualche partita, perché il tecnico mi stimava. Poi smisi con il calcio. Forse, se fosse stato gestito tutto meglio, avrei potuto proseguire.”

Sezione: Amarcord / Data: Mar 10 novembre 2020 alle 23:00
Autore: Giovanni Gaudenzi
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