Per Gigi Nicassio, originario di Adelfia, giocare con la maglia del Bari è stato il sogno cullato fin da quando, da bambino, entrò a far parte del settore giovanile biancorosso. Il cinquantottenne, che oggi gestisce una scuola calcio a Valenzano, riuscì a collezionare 23 presenze con i galletti, tra campionato e Coppa Italia, dal 1981 al 1983.
Un biennio caratterizzato dalla presenza in panchina di Enrico Catuzzi, che già aveva allenato il centrocampista nella Primavera. In esclusiva ai nostri microfoni racconta: “Quando arrivò, reduce da una esperienza a Palermo, il mister imparò a trattarci come dei figli. Si ritrovò un gruppo pieno zeppo di baresi, abituati a parlare in dialetto, tra di noi. Lui non ci capiva, e ci ripeteva di parlare in italiano. Nei primi giorni non ci comprendemmo, ma con il tempo diventammo una grande squadra. Vincemmo, a livello giovanile, la Coppa Italia. Catuzzi, che aveva studiato il grande Ajax di Cruijff, ci insegnò il suo modo di fare calcio."
Solo l'inizio di una grande esperienza: "Io, Armenise, Caricola, De Trizio, Loseto e gli altri, venimmo catapultati in prima squadra nel 1981. Ringrazierò sempre il mister, per quello che mi ha trasmesso. La mia attività attuale viene esercitata grazie ai suoi insegnamenti. Non riuscimmo a centrare la massima serie solo per pochi punti, a causa di arbitraggi discutibili. Ricordo un gol annullato a Iorio, contro il Pisa, a cinque minuti dalla fine, in maniera davvero inspiegabile. Rammento le lacrime di Catuzzi in panchina, seduto accanto a me. Anche a Varese ci fu un episodio simile, un ladrocinio. A distanza di tanti anni, penso che la contemporanea nomina alla presidenza della Lega Calcio di Antonio Matarrese non sia andata a genio a qualcuno, e ci abbiano sottratto così una promozione in A meritata sul campo. Ancora oggi, la memoria di quella nidiata di ragazzi e di quella stagione è viva, nella mente dei baresi.”
L’anno seguente, arrivò la prima rete di Nicassio con la maglia della squadra per la quale ha sempre tifato, in Coppa Italia, in un derby contro il Foggia, terminato 3-1 per i galletti: “Facemmo un gran girone di qualificazione, nel trofeo nazionale, battendo anche l’Inter e passando il turno. I satanelli erano una compagine difficile da affrontare, con gente del calibro di Desolati. Entrai a gara in corso, quando eravamo sotto di un gol. Segnai all’ottantottesimo, il 3-1. E corsi sotto la curva Sud, nei pressi di uno spicchio occupato da miei amici e compaesani. Nella mia carriera ho segnato anche a S. Siro, con la maglia del Rimini, ma l’emozione di quella sera è stata molto più forte, indimenticabile.”
Nonostante le buone premesse, in campionato le cose non andarono: “Partimmo in ritiro ai primi di luglio, e perdemmo Iorio, andato alla Roma, con la quale vinse lo scudetto. La sua assenza si fece sentire, ci mancava un centravanti. Giocavamo bene, ma non riuscivamo a finalizzare. Quell’annata finì malissimo. Arrivò Radice per cercare la salvezza, ma retrocedemmo in C. Credo che vi sia stata anche molta sfortuna, sbagliammo ben 6 rigori, in quella stagione.”
L’addio al Bari si concretizzò nell’estate ’83: “Materazzi mi volle al Rimini, garantendomi un posto da titolare. Feci una grande stagione anche lì. Ma aver avuto la possibilità di giocare nel Bari resta per me la gioia più grande della mia carriera. Poi, da allenatore, sono tornato, per una decina d’anni, a vestire questi colori, e abbiamo conseguito ottimi risultati, tra i quali un titolo dei Giovanissimi nazionali.”
Sull’attualità l’ex calciatore ha le idee chiare: “Si tratta di un momento difficilissimo, ascoltiamo gli esperti ed aspettiamo di poter riaprire i centri sportivi il 18 maggio. A livello giovanile, sono state annullate tutte le competizioni. Rispetteremo i protocolli che ci hanno indicato, e questo varrà in tutte le categorie. Quanto al club dei De Laurentiis, io ritengo sia giusto giocare una sorta di playoff per decidere la quarta promossa tra i cadetti. Se permettono alla A di ricominciare, devono consentire anche ai biancorossi di giocarsela sul campo. Sono fiducioso, perché la società farà valere i suoi diritti. Ha i conti in ordine, potrebbe essere anche ripescata in B, in caso di crisi di qualche altra compagine.”
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