Anni sfortunati, complicati da guai fisici e incomprensioni con lo staff biancorosso. Delle tre stagioni in riva all’Adriatico, dal 1991 al 1994, Domenico Progna, ex roccioso difensore, conserva molti ricordi, che racconta in esclusiva ai nostri microfoni: “Giunsi in un contesto che sognava la qualificazione in Uefa, con l’acquisto di Platt. Ma non andò così. La prima cosa che non funzionò fu la riconferma di Salvemini. Ho avuto l’impressione che la piazza non gradì quella scelta. Alla terza giornata di campionato si fece male Joao Paulo, e rimanemmo con il solo David in avanti. Quando il mister venne esonerato, la società scelse Boniek. Magari un allenatore più esperto, come Mazzone, allora libero, avrebbe potuto far meglio. Per adattarci agli schemi del polacco ci mettemmo un po’ di tempo, e nella finestra di mercato di novembre non venne acquistata una prima punta. L’assenza di un attaccante vero fu il più grande errore di quell’annata, insieme all’allontanamento del d.s. Janich. Avevamo un organico forte, ma non finalizzavamo il gioco. In tutte le categorie, un centravanti che fa gol è necessario per salvarsi. La contestazione del pubblico non aiutò, ma ci sta quando una squadra costruita per lottare per l’Europa si trova a retrocedere.”

Il club cercò il pronto riscatto l’anno seguente, con scelte di mercato che, nel tempo, si sarebbero rivelate azzeccate: “La rosa venne rinforzata, con l’arrivo di Protti e Tovalieri. In panchina arrivò Lazaroni. Partimmo abbastanza bene, eravamo quarti in classifica, ma ci furono una serie di infortuni gravissimi e perdemmo le due punte titolari. Si fece male anche Jarni, fratturandosi la tibia. E, contro il Bologna, in casa, alla undicesima giornata, mi ruppi il perone. Il mio campionato finì lì. Giocavamo bene, eravamo nelle zone alte della graduatoria, se non ci fossero stati questi episodi sfortunati, avremmo lottato per la A. A fine girone d’andata arrivò Materazzi, e non ottenemmo più di una salvezza.”

Con ancora un anno di contratto con i galletti, Progna restò in Puglia, trascorrendo in biancorosso quello che sarebbe stato il suo ultimo anno da calciatore. Ed oggi ne spiega le ragioni: “Mi feci operare a Roma, dal professor Mariani, ed a maggio del '93 ero pronto a tornare. Il tecnico mi promise che avrebbe puntato su di me, e rimasi a Bari, convinto di potermi giocare le mie chance. Ma poi presero Ricci, al posto mio. E mi misero fuori squadra, inspiegabilmente. Mi allenai per tutto l’anno, senza mai scendere in campo. Ne chiesi le ragioni, e l’unico che si scusò, a fine stagione, fu proprio il Presidente Matarrese. Ancora oggi non capisco quell’esclusione preconcetta. Ritengo che fu una scelta del coach, e di Regalia, ma non mi diedero mai nessuna spiegazione. A me sarebbe solo servito dimostrare che ero in perfetta forma. Mi stroncarono la carriera, e mi permisero di giocare solo un tempo, in un’amichevole con la Juventus, a giugno del 1994. Comunque, quella compagine vinse il campionato. Ma mi sentii poco rispettato. Mi diede fastidio non avere la possibilità di dimostrare che stavo bene. Non giocando più, mi costrinsero di fatto a smettere.”

Quanto alle imminenti decisioni del Consiglio Federale sul prosieguo della stagione in corso, l’ex giocatore si esprime così: “Personalmente penso che il Bari meriti la possibilità di disputare i playoff sul campo. Il criterio della media-punti per decidere la quarta promozione, sportivamente, non è giusto. Se giocano in serie A, possono giocare tutti. Altrimenti, si rischia di andare in Tribunale, per decidere i campionati. E questa sarebbe una sconfitta per tutti. Una piazza come Bari merita di salire. Io, pur essendo originario di Lecce, sono sempre stato trattato benissimo, ed ho ancora  un ottimo rapporto con la città.”

Sezione: Amarcord / Data: Ven 15 maggio 2020 alle 19:00
Autore: Giovanni Gaudenzi
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