Ambizione, paura, le scottature del passato che tornano ad aleggiare sugli scenari futuri: sono sentimenti che si sommano e si intersecano in una piazza biancorossa che, alla gioia per la promozione in Serie B, unisce l'impazienza data dalla voglia di conoscere quali potranno essere i piani di una dirigenza che, forse inconsciamente, ha seminato un pizzico di preoccupazione con le ultime dichiarazioni.
Di fronte ad una situazione così complessa, l'impressione è quella di trovarsi quasi sospesi, in bilico fra esigenze diverse che si intrecciano e confluiscono le une nelle altre: ci sono le naturali problematiche di natura economica poste dai De Laurentiis, la voglia di Serie A che agita la piazza e le oggettive difficoltà che si preannunciano in una delle cadetterie più difficili di sempre.
Ma proviamo a fare ordine, partendo da quella che rappresenta forse la più grande preoccupazione: la possibilità di vivacchiare in Serie B. Un'ansia comprensibile, date le esperienze storiche di un passato che ha visto le ali del Bari spezzate proprio sul punto in cui sembrava possibile sognare qualcosa di grande. Ma che va sottoposta al vaglio critico della ragione: mantenere la B è una cosa complessa, che richiede investimenti pesanti senza "garanzia di ritorno". In un campionato difficile come quello cadetto, "vivacchiare" senza vedere aprirsi sotto i propri piedi il baratro delle zone rosse della classifica equivale necessariamente a costruire squadre competitive in grado di lottare per la parte sinistra della graduatoria, cosa che implica una mole importante di investimenti per cartellini e ingaggi.
La questione si lega chiaramente alla multiproprietà ed al ricorso che la famiglia De Laurentiis ha compiuto con l'obiettivo di dilatare i tempi per cedere. Certamente è una situazione che non facilita le ambizioni del Bari, perché una vittoria nelle aule giudiziarie permetterebbe al club di restare in Serie B per più tempo, senza necessità di vendere a cifre minori rispetto al previsto. La logica dietro la scelta è difficilmente criticabile, dal momento che la Federazione ha cambiato le regole in corso d'opera. Centrare la A in due anni è possibile ma non scontato, e in caso di mancato raggiungimento dell'obiettivo (anche con investimenti importanti) la proprietà sarebbe senza dubbio penalizzata dal punto di vista economico.
Coniugare le ambizioni della città con le preoccupazioni economiche dei De Laurentiis poste alla base dei ricorsi potrebbe essere la strada. Investire cifre congrue per tentare l'assalto alla Serie A deve essere la mission. Del resto anche la via giudiziaria (stile Salernitana, ma in A) servirebbe per tutelare la proprietà e non svendere il club.
L'ottica, dunque, dev'essere quella di un continuo percorso di crescita da portare avanti nel tempo, per costruire squadre competitive e quantomeno orbitare in zona playoff per tentare il colpaccio in caso di stagione particolarmente favorevole (Lecce e Cremonese docet).
Nell'orizzonte della progettualità, chiamata dallo stesso presidente, sarebbe ad esempio importante dotarsi di calciatori di proprietà, continuando sulla scia di distacco da Napoli già iniziata quest'anno con la scelta di Ciro Polito. Costruire bene: questo dev'essere l'obiettivo, per creare un Bari vincente e solido finanziariamente. Con la consapevolezza che progettare guardando non solo al risultato immediato può attrarre, ma che un percorso lo si valuta anche nelle sue tappe intermedie. E il giudice sarà il campo, già dalla prossima stagione.
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