Bortolo Mutti, intervenuto in esclusiva ai microfoni di TuttoBari, ha analizzato il momento critico della squadra biancorossa, partendo dalle ragioni che hanno portato alla fine dell'esperienza di Fabio Caserta. L'ex tecnico del Bari, che ha vissuto in prima persona le pressioni della piazza pugliese nel massimo campionato, ha espresso il suo rammarico per una gestione che non è mai decollata.
Riflettendo su cosa non abbia funzionato nei mesi precedenti, Mutti ha sottolineato la mancanza di sintonia tra la guida tecnica e lo spogliatoio: "È chiaro che non ci sono state quelle sinergie probabilmente che ci si aspettava tra il mister e il gruppo. Anch'io mi aspettavo qualcosa di più, anche conoscendo Fabio Caserta, so che persona è, l'ho avuto come giocatore e poi anche una piazza così stimolante, così ambiziosa come Bari, poteva essere veramente un passaggio importante per lui. Mi dispiace, onestamente, vedere Bari così in sofferenza, vedere qualcosa così pesante ti sembra qualcosa un po' fuori luogo".
L'analisi si è poi spostata sul reale valore dei calciatori in rosa, mettendo in discussione la qualità complessiva dell'organico rispetto agli obiettivi dichiarati: "Probabilmente il gruppo è un po' sopravvalutato e magari qualcosa anche tatticamente poteva essere variato. Quando non ci sono risultati e non c'è continuità, qualcosa puoi modulare. È un lavoro che l'allenatore deve percepire per riportare sui binari giusti un campionato che abbia delle aspettative diverse. Allo stesso tempo l'organico forse non è così importante da poter fare un campionato di vertice, però neanche di bassa classifica".
Uno dei problemi più evidenti delle ultime uscite è stata la sterilità offensiva, un aspetto che secondo Mutti non riguarda solo gli attaccanti ma riflette una condizione mentale di blocco collettivo: "C'è poca finalizzazione e sicuramente c'è anche timore nella partecipazione, nel dettare quelle situazioni di aggressione da parte di tutta la squadra. La squadra non partecipa completamente alla fase finalizzatrice in maniera decisa. Un po' la classifica, un po' il timore di ognuno di fare il proprio compitino, porta a non avere quella spregiudicatezza nei ruoli dei centrocampisti e degli esterni".
L'ex allenatore ha concluso spiegando come la pressione della classifica condizioni le prestazioni individuali dei singoli: "Quando ci sono queste situazioni così depresse, di difficoltà, è chiaro che anche a livello di prestazione individuale vai a cercare il compitino per salvarti, per essere sì importante, però non determinante. In certi momenti, invece, in certi ruoli devi essere spregiudicato".
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