La vera nobiltà si acquista vivendo, e non nascendo. Frase che ci sentiamo di prendere in prestito da Guillaume Bouchet, celebre scrittore francese, per illustrare meglio quello che non dovrebbe capitare al Bari. Squadra nobile quella biancorossa, non solo per nascita, ma anche per palmarés. Numerosi campionati disputati in massima serie, una Mitropa Cup e tante vittorie in cadetteria, la assurgono di diritto a regina del girone C di Lega Pro. Non serve riesumare chissà quale almanacco datato per comprendere le difficoltà che attendono il Bari. 

Senza andare troppo lontano, si guardi al Catania della scorsa stagione. Una squadra costruita per vincere, costretta a cambiare due allenatori - Andrea Sottil e Walter Novellino - prima di rimanere con un pugno di mosche in mano. Fosse bastato il blasone, Lodi e compagni avrebbero dovuto trionfare sin dal termine del girone d’andata. E che dire del Parma che si è affacciato in Lega Pro nella stagione 2016/17? Anche i Ducali così come il Bari, vi giunsero dopo la vittoria del campionato nazionale dilettanti.

Esistono molte analogie tra quel Parma e l’attuale Bari. Dalla conferma in panchina di Luigi Apolloni, allenatore che ha vinto il campionato di serie D, e poi esonerato a fine novembre, alla rivoluzione della rosa, arricchita con giocatori di categoria superiore. Quella squadra ha commesso l’errore di sentirsi, forse inconsciamente, superiore alle avversarie. La promozione in serie B è stata conquistata solo dopo aver affrontato molteplici peripezie, su tutte l’avvicendamento di Apolloni con Roberto D’Aversa

Cornacchini si senta pur libero di fare i debiti scongiuri, ma tenga ben a mente che per vincere il campionato bisognerà necessariamente fare di più di quanto visto a Rieti. Il tecnico ha palesato soddisfazione al termine dell’incontro, ma da esperto uomo di calcio qual è, si sarà posto anche alcuni quesiti. E, forte della sua esperienza, dopo aver superato l’analisi a caldo e scaricato l’adrenalina post vittoria, non potrà essere completamente soddisfatto della prestazione dei suoi ragazzi.

Affidarsi per quasi tutto l’incontro a lanci lunghi - lo si poteva fare, e non sempre, in serie D - non può essere la prerogativa di chi vuole candidarsi alla vittoria finale. Giocare con le due punte - Antenucci e Simeri - spalle alla porta è chiaramente un’agevolazione per le difese avversarie. Il Bari cominci a giocare da Bari, ma lo faccia con fame e cattiveria, qualità necessarie per vincere campionati complessi come la Lega Pro. Dimentichi il blasone e riponga il frac, quelli fanno parte dell’importante storia biancorossa. Per scrivere ancora pagine importanti, serviranno i guantoni. E la Reggina, che il blasone lo ha già accantonato, non verrà di certo a Bari per ballare il tango.

Sezione: In Primo Piano / Data: Mar 10 settembre 2019 alle 10:00
Autore: Raffaele Garinella
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