In origine doveva essere la corsa al primo posto. Un Bari extra-large e ricco di nomi-copertina sloganizzava in estate intenti bellicosi e da primato. C'era Auteri in panchina, l'allenatore di categoria che avrebbe dovuto regalare ai biancorossi un vestito più sporco e cattivo. Settimane, le prime, appena incoraggianti prima dell'inesorabile fallimento di una gestione che in effetti tanta confusione, e ben poco ordine, ha regalato alla squadra.

Il gioco delle tabelle è stato il leit-motiv del campionato del Bari. La rincorsa alla Ternana, poi la sfida per la seconda piazza con l'Avellino, ora il minaccioso avvicinamento del Catanzaro per il terzo posto che, peraltro, è stato rimescolato proprio dalla fresca vittoria dei calabresi nello scontro diretto.

Sempre le stesse parole, sempre gli stessi ritornelli. Ieri come oggi. Bisogna lavorare, il campionato è lungo, serve più cattiveria. Fatti? Pochini. Mai realmente il Bari ha dato la sensazione di essere un gruppo maturo, fatta eccezione per l'estemporaneo exploit seguito al cambio in panchina, e al trenino (da prendere, in questo caso, come reale diminuzione di un treno grande e ferocemente in corsa) che col Foggia, di fatto, è stato solo illusione.

Non è bastata nemmeno la freschezza di Cianci a questa squadra. L'incantesimo si è rotto, e anche Carrera ha alzato le braccia. Dalle notti di Champions, ai campi nebbiosi della C, e una ricetta che sembra oggi mancare.

Non si punti il dito, però, verso l'inesperienza a queste latitudini del mister. Ha ragione, Carrera, quando afferma che il calcio è uguale in tutti i gradi. Serve fame di vittorie, concentrazione, capacità di dominare sempre e comunque l'avversario. Idee chiare che il Bari non ha mai implementato nel suo book stagionale, vedasi vantaggi non mantenuti nelle poche gare con inizio incoraggiante, e prestazioni scialbe dall'inizio alla fine nei flop più roboanti.

E' un Bari spento. Povero psicologicamente ancor più che tecnicamente. Fa specie la mancanza di luce di un gruppo che può contare sull'esperienza di calciatori come Frattali, Di Cesare e Antenucci. Questo Bari non ha personalità. Ed è oggettivamente difficile ipotizzarlo protagonista nella coda play-off (ovviamente, ce lo auguriamo). Serve di più, molto di più: servirà riguadagnare un'autostima oggi letteralmente perduta. Da anni, poi, il Bari non vince uno scontro diretto.

Intanto, i tifosi sono (giustamente) arrabbiati. Striscioni e clamore nei bar del tifo, anch'essi - per la verità - un po' malinconicamente semi-chiusi in quest'epoca di pandemia. C'è un virus del tutto sportivo, ovviamente infinitamente meno grave di quello che in questi giorni preoccupa, che attanaglia da mesi la piazza biancorossa: la voglia di sognare, messa all'angolo dal lockdown fattuale di una squadra senz'anima, chiusasi drammaticamente in se stessa e nei propri limiti.

Sezione: Copertina / Data: Mar 23 marzo 2021 alle 11:00
Autore: Davide Giangaspero
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