Alberto Savarese, per tutti il Parigino: una vita dedicata al Bari, con un corollario di diffide, daspo, persino una breve esperienza in custodia cautelare, con successivo proscioglimento con formula piena da ogni accusa. Infine un libro "Sotto la curva - dove corrono le maglie", pubblicato quest'anno.
Alberto, il tuo libro è uno spaccato sulla vita di curva negli anni ottanta/novanta. Un tuffo nella memoria tra contestazioni, tafferugli e scontri, tutto per amore verso il biancorosso. Ad un certo punto si ferma. Ci sarà una seconda puntata?
"Si, ci sarà un secondo tempo. Almeno spero di riuscirci. Mi piacerebbe raccontare quanto è successo fino al 2012, anno in cui gli Ultras si sciolsero. Diciamo che il secondo tempo serve anche per attendere i tempi di prescrizione su certe questioni che racconterò. Sono in molti che stanno aspettando alcune verità..."
Gli ultras. Come si è evoluta la Nord in questi anni, alla luce di alcune leggi restrittive, ad esempio il biglietto nominativo e la tessera del tifoso, che sono arrivate dopo?
"La mentalità ultras é incompatibile con la tessera del tifoso. Non é normale che solo per andare allo stadio bisogna essere preventivamente schedati. Alla fine lo abbiamo accettato perché l'alternativa era quella di non essere piú ultras, cioé di non poter piú seguire e tifare la squadra"
Ritorniamo al passato. Matarrese é stato oggetto di una pluriennale contestazione ad oltranza da parte vostra, fino a vedere una città in festa quando sono stati portati i libri in tribunale, nel 2014. Però alla sua morte si sono visti molti tifosi in lacrime.
"Non lo nascondo: ho pianto anch'io. Quando sono andato a fargli visita, la sua famiglia sapeva chi ero e cosa avevo fatto. Ho avuto anche una diffida a non avvicinarmi oltre 500 metri dalla sua abitazione, in passato. Ma in quel momento ha apprezzato che io fossi lí. Il rapporto era conflittuale perché legato ai nostri ruoli: io ero il portavoce degli ultras e lui era il presidente del Bari. Ma non vi era nulla di personale nei suoi confronti"
Matarrese ha portato i libri in tribunale, ma il vero fallimento l'abbiamo visto la scorsa estate con la ripartenza dalla serie D, categoria che la tua generazione non ha mai visto.
"No, ma abbiamo visto la serie C. La serie C di 35 anni fa era molto simile alla serie D vista quest'anno. Posti molto simili ad allora, stessi viaggi, stesse atmosfere. Nulla di nuovo, ma cose che già conoscevamo"
“Noi non siamo napoletani”. Questo é il coro che é partito durante i festeggiamenti per vittoria del campionato che ha salutato la serie D.
"É stato un modo per fare capire a De Laurentiis di non fare certe commistioni tra Bari e Napoli. Nessun problema se arrivino i giocatori da Napoli, l'importante é che si continui a portare avanti il programma per risalire le categorie. Ma al momento opportuno certi argomenti dovranno essere messi tutti in chiaro. É una questione di rispetto".
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