Nel calcio moderno, le partite non si vincono soltanto con i titolari. A fare la differenza sono spesso le alternative, la profondità della rosa, la possibilità di cambiare volto a una gara con i cambi giusti al momento giusto. E in questo, il Bari della stagione 2024-2025 ha mostrato un limite evidente: una panchina con poca qualità, troppo povera. Non si tratta solo di valutare chi parte dall’inizio, ma di chiedersi cosa offre la squadra quando cambia, quando deve attingere a forze fresche per svoltare una partita o superare un momento complicato.
In troppe occasioni, le seconde linee biancorosse hanno dato poco. In diversi momenti chiave, Longo ha dovuto fare affidamento su riserve non all’altezza, non pronti ad ambizioni più grandi della salvezza. E così si è stati costretti ad adattare giocatori fuori ruolo o a spremere sempre gli stessi uomini fino al calo fisico e mentale inevitabile. Giocatori come Coli Saco, impiegato in 6 partite per un totale di 82 minuti, non hanno garantito un impatto sufficiente. Un altro esempio è Giacomo Manzari, che ha collezionato 7 presenze per un totale di 248 minuti, senza riuscire a lasciare il segno o a contribuire semplicemente in modo significativo alle dinamiche offensive della squadra. Nikola Novakovich, rimasto ai margini nonostante una struttura fisica e un profilo che sulla carta potevano dare qualcosa in più, è stato spesso un corpo estraneo. Lo stesso Nicola Bellomo, che ha vissuto una stagione quasi da chioccia, può avere ancora un senso come alternativa esperta per gli ultimi minuti, ma non può più essere considerato una risorsa da cui pretendere continuità.
La Serie B è un campionato lungo, logorante, e oggi lo vince chi ha più soluzioni, chi può permettersi cambi senza perdere equilibrio e intensità. In questo senso, il Bari dovrà affrontare una scelta chiara per la prossima stagione: non si può più sbagliare nel costruire la panchina. Servono giocatori già pronti per la categoria, o che lo diventino in tempi brevi. Talenti sì, ma non scommesse al buio.
Un’opzione da non sottovalutare è proprio quella del settore giovanile. Non per riempire le caselle, ma per valorizzare profili che abbiano già mostrato attitudine, forza mentale e margine di crescita reale. Inserirli gradualmente nel gruppo, affiancandoli a elementi esperti e motivati, può essere una chiave. Ma anche qui, serve selezione: non basta la carta d’identità o l’etichetta di “prospetto”.
Se davvero il Bari vuole tornare a competere per traguardi più alti, deve ripartire da una struttura solida e completa. La panchina è parte integrante di qualsiasi ambizione. Senza alternative credibili, ogni progetto è destinato a implodere nei momenti decisivi. Un problema che non si vede subito, ma che alla lunga presenta il conto.
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