Il 17 marzo 1991, Diego Armando Maradona calcò, per l’ultima volta nel campionato italiano il prato dell’allora stadio “San Paolo” di Napoli, che oggi porta il nome del fuoriclasse argentino, deceduto il 25 novembre di 3 anni fa. E lo fece proprio contro il Bari, in un match terminato 1-0 per i partenopei, grazie ad una rete siglata da Zola di testa al minuto 55, dopo un rigore per i galletti sbagliato da Joao Paolo al 47’, ipnotizzato nell’occasione da Giovanni Galli. Autore dell’assist per la rete decisiva fu proprio Maradona, che venne poi trovato positivo alla cocaina nel controllo antidoping successivo alla gara.
Proprio ieri, il Pibe de Oro avrebbe compiuto 63 anni, nato com’era il 30 ottobre 1960 a Lanus. Della figura dell’argentino, e di quel giorno fatale, abbiamo parlato in esclusiva con Ivan Rizzardi, all’epoca nelle file degli azzurri (titolare in quella partita) e poi passato anche da Bari (31 le sue presenze complessive con i biancorossi dal 1991 al 1993).
Queste le sue parole: “Lui era un artista, sul terreno di gioco. Ma era ancora migliore come uomo, sempre in prima fila quando c’era bisogno di aiutare qualcuno. Il primo a metterci la faccia sempre. La mia stima per lui rimane ancora oggi, inalterata. Faceva uso di quelle sostanze, un grande errore che ne ha pregiudicato anche le prestazioni sul campo. Era ancora più forte di quanto abbiamo visto. Quanto alla positività, credo che qualcuno nel nostro calcio volesse fargli pagare le dichiarazioni fatte a più riprese sulle malefatte vertici del pallone nostrano. Era una persona libera, e parlava di conseguenza. Mi ricordo che andò a quel controllo tranquillo, senza alcun timore. Sono fiero del fatto che lo stadio di Napoli oggi porti il suo nome.”
Quanto alla sua esperienza a Bari, l’ex terzino ha detto: “Furono annate difficili, anche se conservo un gran ricordo del capoluogo pugliese e dei suoi abitanti, tra i quali mi vanto di avere ancora molti amici. La retrocessione del 1992 in B dipese in massima parte dalla cacciata del diesse Janich, dall’infortunio di Joao Paolo e dall’assenza di un ricambio per il brasiliano, al di là di scelte tecniche a volte discutibili. Eravamo una squadra forte, con gente come Platt, Jarni e Boban, ma non riuscimmo a salvarci. Quest'ultimo contrasse anche l'epatite, poco dopo il suo arrivo, per aver mangiato frutti di mare. Accadimento simbolo di una stagione sfortunata. Ed anche l’anno dopo, tra i cadetti, non fu dei migliori. Ma, in ogni modo, la piazza di Bari meriterebbe la serie A, per passione ed attaccamento ai colori.”
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