Per la seconda volta il mondiale è organizzato da un regime, e per la seconda volta la vittoria dei padroni di casa è imposta dall'alto. L'Argentina vince grazie a grandi individualità come Passerella e Kempes, ma soprattutto grazie ad aiuti esterni.
ARGENTINA NEL CAOS - Nel 1966 l’Argentina aveva finalmente ottenuto l’incarico di ospitare la fase finale del mondiale. Giusto premio per una nazione che al calcio aveva dato tanto. L’organizzazione delle’evento diventa però un’odissea, per via degli stravolgimenti politici che sconvolgono Buenos Aires. Il ritorno del “caudillo” Perón dopo un esilio ventennale, nel 1973, sembra poter dare stabilità al Paese. La sua morte, l’anno successivo, porta a capo dello Stato la moglie Isabelita e, subito dopo, al golpe militare che instaura una vera e propria dittatura, con a capo il generale Videla. A poco più di un anno dall’inizio del torneo non un solo mattone è stato posto per l’organizzazione. In tutto il mondo si comincia già a parlare di sede sostitutiva, ma Videla capisce che l’occasione è ghiotta per risvegliare lo spirito nazionalistico argentino e per far dimenticare le feroci repressioni governative. Con uno sforzo immane, nel giro di pochi mesi vengono restaurati gli stadi esistenti e costruiti ex novo altri tre impianti. Lo spettacolo, sotto il controllo di forze armate come mai si era visto, può iniziare.
UN’ITALIA DIMESSA - Un “golpe”, ovviamente meno violento, si registra anche in Italia. Valcareggi viene esautorato dopo il pessimo mondiale tedesco e al suo posto viene chiamato a far pulizia Fulvio Bernardini, tecnico in grado, unico nella storia, di vincere due scudetti fuori dall’asse Torino-Milano, con Fiorentina e Bologna. Il “professore” fa piazza pulita dei senatori, tenendo solo Zoff e Facchetti, spostato come libero. I risultati non sono granché, visto che all’Europeo non ci qualifichiamo, sbattendo contro due avversari durissimi come Olanda e Polonia. Durante le qualificazioni Bernardini lascia il comando nelle mani di Enzo Bearzot, fin lì suo vice, che conquista a fatica e tra le polemiche la qualificazione, solo per la differenza reti nei confronti dell’Inghilterra. Non siamo dunque tra le favorite del torneo, che è però privo di molte nazionali titolate. L’Inghilterra, appunto, ma anche la Cecoslovacchia che ha vinto il Campionato Europeo, la Jugoslavia quarta in quello stesso torneo, l’Urss e l’Uruguay, sorprendentemente beffato dalla Bolivia, poi eliminata in seguito. Il ruolo di favoriti spetta, oltre ai padroni di casa, alla Germania Ovest campione in carica, ad un Brasile sorprendentemente sparagnino e all’Olanda, che pur priva di Cruijff resta squadra temibile.
IL MONDO CI SCOPRE – Germania e Polonia inaugurano il torneo con uno 0-0 fin troppo scontato. Le altre due squadre del girone, Messico e Tunisia, sono poca cosa e quindi entrambe hanno la certezza di passare il turno. Il primo posto si decide all’ultima giornata. La Polonia fa il suo dovere contro il Messico, mentre i tedeschi, che contro i messicani avevano maramaldeggiato, non vanno oltre un incredibile 0-0 con la Tunisia. Ma la Germania è famosa per saper fare i suoi calcoli. Il secondo posto, infatti, evita a Rumenigge e compagni di finire le girone di Brasile e Argentina, al turno successivo. Il Brasile, in realtà, non è che desti questa grande impressione. Pareggia le prime due gare con Svezia e Spagna, battendo tra le polemiche l’Austria, già sicura del primo posto, all’ultimo appello. Il CT brasiliano Coutinho, sommerso di critiche, finisce per togliere dall’undici titolare Zico e Rivelino, i suoi giocatori migliori, per dare compattezza alla squadra. Delude anche l’Olanda, inserita in un girone abbordabile, con Scozia, Perù e Iran. L’inizio contro gli iraniani è una passeggiata, ma i problemi arrivano dopo, col pareggio contro il sorprendente Perù, che si avvia a vincere in carrozza il raggruppamento. La sconfitta con la Scozia non è fatale solo per la differenza reti, e perché gli scozzesi si erano suicidati facendosi pareggiare dall’Iran nel finale.
L’Italia, inserita nel girone dei padroni di casa, appare destinata ad un precoce saluto, visto che le altre avversarie sono la Francia dell’astro nascente Platini e l’ostica Ungheria. Pronti via, infatti, e nella prima gara, contro i galletti, andiamo sotto di un gol dopo nemmeno un minuto. Ma proprio nel momento più difficile, gli azzurri dimostrano una compattezza fin qui nascosta. Alla mezzora pareggia Paolo Rossi, convocato a sorpresa da Bearzot dopo una bella stagione nel Vicenza. A inizio ripresa, poi, Zaccarelli, appena entrato al posto di Antognoni, ribalta il risultato con un rasoterra dal limite. L’Argentina, intanto, comincia a sfruttare il fattore campo, battendo sia l’Ungheria che la Francia per 2-1 e con parecchie polemiche da parte degli avversari. Degli aiuti ai padroni di casa se ne giova anche l’Italia, che nella seconda partita contro gli ungheresi ha gioco facile, anche grazie alle assenze degli squalificati Nyilasi e Torocsik, espulsi nel match precedente. La sfida dell’ultimo turno serve dunque solo per il primato e, con somma sorpresa, gli uomini di Bearzot, che sarebbero primi anche con un pareggio, giocano per vincere e ci riescono, con la rete di Bettega.
LA MARMELADA PERUANA – Il caso vuole che i due gironi del secondo turno siano quasi totalmente formati da squadre dello stesso continente. L’eccezione è la Polonia, finita con Argentina, Brasile e Perù, in un raggruppamento che vede presto prendere il largo le due grandi sudamericane. Il primo turno si conclude con un piccolo vantaggio a favore del Brasile, vittorioso per 3-0 sui peruviani, contro il 2-0 argentino alla Polonia. Lo 0-0 dello scontro diretto rimanda tutto all’ultima giornata, ma qui scatta lo scandalo forse peggiore della storia dei mondiali. Grazie al diverso orario nello svolgimento delle partite, l’Argentina sa già, quando scende in campo, che per essere prima avrà bisogno di vincere con quattro gol di scarto, in seguito al 3-1 del Brasile ai polacchi. I sospetti sono tutti puntati su Ramón Quiroga, portiere del Perù di origini argentine e impegnato nel campionato argentino. E i sospetti sono fondati, perché il portiere non fa nulla per fermare le conclusioni degli avversari, che dilagano presto, fino a vincere 6-0. La sua confessione, anni dopo, non farà altro che rendere ufficiale quello che per tutti era ovvio.
L’Italia inizia il secondo turno con uno 0-0 con molti rimpianti contro una Germania Ovest arrendevole, mentre l’Olanda dilaga per 5-1 contro l’Austria. Austria che viene superata anche dagli azzurri, ma solo per 1-0, con rete decisiva ancora di Paolo Rossi. I tedeschi ci danno una mano fermando sul pari l’Olanda e permettendoci di restare in corsa per la qualificazione. Contro gli olandesi, però, la differenza reti ci impone di vincere. Partiamo bene, andando in vantaggio grazie ad un autogol di Brandts, che infila la propria porta nel tentativo di anticipare Bettega. Nella ripresa, però, la maggiore fisicità degli arancioni ha la meglio. Brandts si fa perdonare pareggiando con una conclusione fortunosa, prima che Haan spenga ogni speranza ad un quarto d’ora dal termine con una conclusione dalla distanza. Unica piccola soddisfazione, il secondo posto che ci permette di giocare la finalina di consolazione contro il Brasile.
IL DISEGNO SI COMPIE – Mentre il Brasile, unica squadra imbattuta del torneo, si consola parzialmente conquistando il terzo posto contro l’Italia, l’intera Argentina freme nell’attesa della finalissima con l’Olanda. L’unica certezza è che nell’albo d’oro comparirà un nome nuovo, visto che entrambe non hanno mai vinto, collezionando un secondo posto a testa. È una sfida nella sfida tra due grandi allenatori, dalla personalità esplosiva. Da una parte “El flaco” Menotti, che dalla giunta militare ha ricevuto un solo ordine, tenere la coppa a Buenos Aires. Dall’altra Ernst Happel, l’austriaco che fece grande il Feyenoord, portato alla Coppa dei Campioni, e che farà altrettanto con l’Amburgo qualche anno dopo. La difficile scelta dell’arbitro, dopo le polemiche dei turni precedenti, cade su Sergio Gonella, primo italiano ad arbitrare una finale iridata.
L’Olanda inizia la gara a muso duro, cercando di intimorire gli argentini con contrasti ruvidi, ma va incontro alla severità dell’arbitro, che ammonisce a tutto spiano gli arancioni, risparmiando Passarella, dopo una gomitata a Neeskens con la quale gli fa volare due denti. Per l’Olanda, pur senza fattacci clamorosi, è come giocare in salita. Fermati più volte per fuorigioco dubbi, gli avanti olandesi riescono comunque a impensierire Fillol in più di un’occasione. I padroni di casa rispondono con le iniziative di Bertoni e Ardíles. Da una di queste nasce un passaggio filtrante di Luque per Kempes, che brucia l’intera difesa avversaria e anticipa Jongbloed con un rasoterra beffardo. Nella ripresa, l’Olanda si getta all’arrembaggio senza molta lucidità e il risultato sembra non poter cambiare fino al termine. Invece, a sorpresa, quando mancano meno di dieci minuti al termine, René Van de Kerkhof trova lo spazio per il cross dalla destra, sul quale stacca Poortvliet. Il colpo di testa del difensore, con la decisiva deviazione di Nanninga, finisce in rete e getta nello sconforto il Monumental. Tutto da rifare e supplementari alle porte, ma prima del fischio finale si va vicini alla tragedia. Rensenbrink, fin lì non pervenuto, trova un varco a sinistra e prova a beffare Fillol sul primo palo, cogliendo in pieno il legno a portiere battuto.
Gonella manda subito tutti ai tempi supplementari, a scanso di equivoci. Ed è in questo momento che l’Argentina capisce che è ora di meritarsi sul campo la vittoria. L’Olanda sembra aver lasciato su quel palo tutte le sue residue speranze, mentre salgono in cattedra Bertoni e Kempes. Alla fine del primo tempo supplementare, Bertoni serve Kempes al limite. Il centravanti del Valencia, unico “straniero” in rosa, entra in area, salta due avversari e spara contro Jongbloed in uscita disperata. Il rimpallo gli è favorevole e, anticipando altri due avversari in disperato ripiegamento, spinge la palla in rete segnando il gol che decide il mondiale e che gli da il titolo di capocannoniere in solitario. Nell’ultimo quarto d’ora c’è il tempo per il sigillo di Bertoni. Kempes sfonda centralmente, chiede ed ottiene il triangolo, ma non controlla e la palla torna al futuro centrocampista di Fiorentina, Napoli e Udinese che non lascia scampo a Jongbloed. Può esplodere la festa, il popolo argentino invade le strade e per qualche giorno dimentica i suoi problemi, proprio come prevedevano i piani di Videla.
IL CAMPIONE DEI CAMPIONI
Daniel Alberto Passarella – Regista difensivo dalla personalità debordante e dal sinistro al fulmicotone. Si mette in luce col River Plate nel 1977, segnando 24 gol in campionato. Diventato capitano della nazionale, la guida al titolo mondiale e, quattro anni dopo, nella sfortunata spedizione spagnola, durante la quale emergono inevitabili contrasti con Maradona. Dopo il “mundial” sbarca in Italia, alla Fiorentina, dove viene soprannominato “Il Caudillo” per la sua capacità di leadership. Vi resta fino al 1986 quando, infortunato, non può prendere parte al secondo successo iridato argentino. Dopo due stagioni all’Inter torna in patria, per chiudere la carriera nel suo River, del quale diventa subito dopo allenatore esordendo col botto. Tre titoli nazionali che lo portano sulla panchina della nazionale, guidata all’oro olimpico di Atlanta e nel mondiale del 1998. Poi un lento declino, compresa una parentesi da dimenticare al Parma, nel 2001.
TABELLINO DELLA FINALISSIMA
Buenos Aires, 25 giugno 1978
Argentina: Fillol, Olguín, Tarantini, L. Galván, Passarella, Ardíles (65’ Larrosa), Bertoni, Gallego, Luque, Kempes, Ortíz (74’ Houseman).
Olanda: Jongbloed, Jansen (72’ Suurbier), Poortvliet, Brandts, Krol, Haan, W. Van de Kerkhof, Neeskens, Rep (58’ Nanninga), R. Van de Kerkhof, Rensenbrink.
Marcatori: 38’ Kempes(A), 82’ Nanninga(O), 104’ Kempes(A), 114’ Bertoni(A).
Autore: Andrea Dipalo
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