Il mondo è in subbuglio. L’Austria è sparita nell’indifferenza generale, la Spagna è nel pieno della guerra civile, ma il calcio va avanti. In Francia l’Italia conquista il secondo titolo mondiale, stavolta senza lasciare nessun dubbio. I ragazzi di Pozzo sono i più forti del mondo.
ANNI DI CAMBIAMENTI – I quattro anni che vanno dal 1934 al 1938 sono densi di avvenimenti destinati a sconvolgere il panorama internazionale. L’Europa, inconsapevolmente, precipita sempre più velocemente verso il sanguinoso conflitto mondiale, e lo fa per mano della Germania nazista e delle sue mire espansionistiche nei confronti dei Paesi vicini. La prima vittima è l’Austria, che con l’Anschluss, a pochi mesi dal mondiale al quale doveva partecipare, viene di fatto militarmente occupata e trasformata in una regione del Reich. Dal punto di vista calcistico, questo significa la sparizione del Wunderteam, la squadra che da anni giocava il miglior calcio del continente. Molti dei suoi campioni vengono cooptati nella nazionale tedesca, non Sindelar, che pagherà con la vita il suo rifiuto. Nel 1936, dalle carte calcistiche, era sparita anche la Spagna di Zamora, bloccata dalla guerra civile che sarebbe durata quattro anni.
Per la sede del mondiale, la FIFA sceglie la Francia, in omaggio a Jules Rimet, il padre della coppa. Come previsto, questo provoca la nuova defezione di Uruguay e Argentina, entrambe per protesta, ma anche per evitare brutte figure. Delle nazioni extraeuropee, solo in tre prendono parte alla fase finale. Il Brasile, deciso finalmente a lasciare tracce significative di sé, Cuba e le Indie Olandesi, che si ritrovano protagoniste senza dover nemmeno scendere in campo, per mancanza di avversari. Per il resto, le squadre più attese sono le solite Ungheria e Cecoslovacchia, con le ambiziose Germania e Francia, ma mai come ora i favori del pronostico sono incentrati su un’unica formazione, l’Italia campione in carica di Pozzo.
L’ITALIA DETTA LEGGE – Se la vittoria mondiale di Roma aveva destato qualche dubbio, gli anni successivi confermano come il calcio italiano sia ormai all’avanguardia. Nel novembre del 1934 gli azzurri fanno visita per la prima volta all’Inghilterra, nel mitico stadio di Highbury. Restano subito in dieci, per l’infortunio di Monti, e vanno sotto di tre reti nella prima mezzora. Sembra il prologo di un’umiliante disfatta e invece, nella ripresa, arrivano due gran gol di Meazza che tengono aperta la gara fino al termine e regalano ai nostri il titolo di “Leoni di Highbury”. Poche settimane dopo, una doppietta dell’esordiente Piola sbanca Vienna e ci consegna la seconda Coppa Internazionale, mentre nel novembre del 1935 inizia un periodo di imbattibilità che durerà per quattro anni precisi, con nel mezzo il successo di una squadra piena di giovani studenti alle Olimpiadi del 1936, quelle di Berlino, che sarebbero dovuto servire anche nel calcio come dimostrazione di superiorità della nazione tedesca.
LE SORPRESE NON MANCANO – Gli ottavi si aprono con un risultato inatteso. La Germania, che non nascondeva le proprie ambizioni, viene bloccata sull’1-1 dalla Svizzera. E peggio va nella ripetizione, giocata cinque giorni dopo, quando il contropiede elvetico frutta un entusiasmante 4-2. Alla ripetizione è costretta anche la Romania, contro la sorprendente Cuba che, nonostante il portiere titolare sia impegnato come commentatore della radio nazionale, si impone per 2-1 contro ogni pronostico. Decisamente più lineare l’andamento delle altre gare. Successi agevoli per Francia e Ungheria, rispettivamente contro Belgio e Indie Olandesi. Tre a zero della Cecoslovacchia sull’Olanda, ma ottenuto solo ai supplementari, così come anche il Brasile ha bisogno dei supplementari per avere la meglio sulla Polonia, in un’autentica battaglia terminata 6-5, con i due attaccanti, Leonidas e Wilimowski, capaci di segnare quattro reti a testa, un record che durerà fino al 1994. L’Italia, infine, fatica più del previsto contro l’ostica Norvegia, andando subito in vantaggio con Ferraris II, salvo farsi raggiungere nel finale da Brustad. Ai supplementari, però, la rete di Piola scaccia i fantasmi.
AVANTI CON PIOLA – I quarti di finale si occupano di ristabilire le gerarchie. La palma di squadra più fortunata del torneo spetta di sicuro alla Svezia, che dopo aver saltato gli ottavi per l’assenza dell’Austria si ritrova contro Cuba, per di più stanca per aver giocato due gare. Gli svedesi si impongono per 8-0 e si qualificano allegramente per la prima semifinale della loro storia. Pochi problemi anche per l’Ungheria, contro un’altrettanto stanca Svizzera, regolata con un secco 2-0. Tutta un’altra storia tra Brasile e Cecoslovacchia, che si apre fin da subito con interventi da codice penale. A fine primo tempo il Brasile è in vantaggio grazie a Leonidas, ma in nove contro dieci. Nella ripresa i verdeoro si occupano di ristabilire la parità numerica, rompendo un braccio a Planicka, ma un menomato Nejedly riesce comunque a pareggiare su rigore.
La ripetizione non va molto diversamente. Cecoslovacchia in vantaggio con Kopecky, che poco dopo esce per infortunio, e raggiunta nella ripresa da Leonidas e superata da Roberto, dopo che l’arbitro non aveva visto un gol valido dei boemi. Resta l’Italia, che a Parigi si ritrova contro 60000 tifosi di casa decisi a spingere i propri beniamini in semifinale. Tra di loro molti rifugiati politici italiani, che al momento del saluto romano degli azzurri fanno partire una sonora protesta. Pozzo ringiovanisce la squadra, facendo esordire tra gli altri Amedeo Biavati, ala del Bologna noto per il “Passo doppio”, col quale riusciva invariabilmente a superare l’avversario di turno. Nel primo tempo si assiste a un botta e risposta, con Heisserer che risponde immediatamente a Colaussi, ma nella ripresa sale in cattedra Piola. Due in zuccate delle sue, al termine di pregevoli azioni manovrate, spengono le speranze dei transalpini.
LEONIDAS A RIPOSO E L’ITALIA IN FINALE – Mentre l’Ungheria dispone facilmente degli intrusi svedesi, con un 5-1 che sarebbe potuto essere anche più largo, l’Italia si prepara ad affrontare per la prima volta l’ostacolo Brasile. Per fortuna di Pozzo, il bomber del torneo Leonidas, l’”Uomo di gomma”, non viene schierato perché non al meglio dopo le battaglie contro la Cecoslovacchia. La gara si decide nella ripresa. Segna Colaussi, irrompendo su un pallone rifinito da Piola, e raddoppia Meazza, calciando un rigore tenendosi i calzoncini, dei quali si era rotto l’elastico. I brasiliani non entrano mai in partita, anche se nel finale ottengono l’immeritato gol che dimezza lo svantaggio con Romeu, in mischia. Alla Seleçao, che già aveva prenotato il volo per Parigi, in vista della finalissima, non resta che la consolazione del terzo posto, conquistato con un facile 4-2 alla Svezia, e del titolo di capocannoniere per Leonidas, che con la doppietta agli scandinavi raggiunge quota 8 reti in 4 gare giocate.
DOPPIETTA ITALIANA – La finalissima è dunque una classica del calcio europeo, con 16 precedenti che vedono gli azzurri in vantaggio, con 8 successi contro 4 e imbattuti dal 1925. L’inizio è tutto italiano, con la rete di Colaussi su cross da destra di Piola già dopo sei minuti. Ne passano soltanto altri due, però, e Zsengeller raccoglie un rinvio errato di Andreolo, servendo a Titkos la palla del pareggio. Come se nulla fosse, l’Italia torna a spadroneggiare e, dopo aver colpito un palo, Piola va a segno al termine di un’azione di rara bellezza. Un cross da sinistra di Biavati viene intercettato e finisce a Piola, che smista subito per Ferrari. Questi serve Andreolo sulla destra, che salta un paio di avversari in dribbling e rimette al centro dove Piola stoppa e fredda il portiere con un siluro all’incrocio, il tutto all’interno dell’area magiara.
Una prova di forza che viene confermata venti minuti dopo, quando Colaussi irrompe da sinistra e batte Szabo con un diagonale ad effetto. Nella ripresa, Biavati colpisce un altro palo, prima che Sarosi concluda una splendida azione con la rete che sembra poter riaprire i giochi. È un’illusione, perché sull’ennesimo cross di Biavati, Piola infila l’angolino e da inizio alla festa. Un successo più che meritato, frutto della netta superiorità tecnica e atletica, che riporta nella bacheca della FIGC la coppa. Vi rimarrà più del previsto, perché l’anno dopo la Germania invaderà la Polonia, dando il via alla Seconda Guerra Mondiale. Il trofeo tornerà in palio dodici anni dopo, col nome di Coppa Rimet.
IL CAMPIONE DEI CAMPIONI
Silvio Piola – Gli è mancato solo lo scudetto, perché dopo essere cresciuto nella Pro Vercelli, a 21 anni si trasferisce alla Lazio, che allora non poteva certo competere con gli squadroni del nord. Si rifà conquistando due titoli di capocannoniere e diventando, con 290 gol, il bomber più prolifico della Serie A e della nazionale, con la quale va a segno 30 volte. Sarà superato solo da Riva. Centravanti d’area, con un fisico che per l’epoca era più che sufficiente a battagliare senza esclusione di colpi con i rudi difensori avversari. Stimato anche dai maestri inglesi, ai quali nel 1939 aveva segnato una rete con un tocco di mano… in rovesciata. Dopo aver disputato il campionato di guerra col Torino, passò alla Juventus e da lì, ritenuto ormai vecchio, al Novara, dove rimase sette anni, segnando l’ultimo gol in A nel 1954, a 40 anni suonati.
TABELLINO DELLA FINALISSIMA
Parigi, 19 giugno 1938
Italia: Olivieri, Foni, Rava, Serantoni, Andreolo, Locatelli, Biavati, Meazza, Piola, Ferrari, Colaussi.
Ungheria: Szabo, Polgar, Biro, Szalay, Szucs, Lazar, Sas, Vincze, Sarosi I, Zsengeller, Titkos.
Marcatori: 5’ Colaussi(I), 7’ Titkos(U), 16’ Piola(I), 35’ Colaussi(I), 70’ Sarosi I(U), 82’ Piola(I).
PUNTATE PRECEDENTI:
-1934
Autore: Andrea Dipalo
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