Di solito le chiamano porte scorrevoli, sliding doors. Ma questa è una vicenda di direzioni, effetti, un colpo di esterno piuttosto che di interno. La punizione è dal limite: la tiro sopra la barriera? Oppure gli metto il giro? Provo a calciare forte e sotto? Oppure tento la palombella innocua ma malefica? Ecco, il pallone alle volte prende delle direzioni insolite, meglio non previste: era il 18 dicembre 1999, il Bari vinse con l'Inter. 2-1. Furono due euro gol. Uno era di Antonio Cassano, l'altro (fu quello dell'1-0, da centrocampo, una meraviglia) era invece di quest'altro.
Lo chiamavano Ciccio ed era maggiorenne da qualche mese. Il Bari lo aveva pagato il suo cartellino 200 milioni di lire da una squadra del Belgio, un anno prima. Era nero come Philip Masinga, che all'epoca a Bari era una specie di mito (oltre che chiaramente un supereroe con quel cognome), e nel giro di qualche secondo in quella notte di dicembre il suo cartellino divenne dieci, venti, forse anche trenta, quaranta volte più alto. Un tiro da centrocampo, sedici minuti dopo l'inizio della partita, una palla che spiove come fosse un'astronave all'interno di un'astronave, Angelo Peruzzi che alza gli occhi spaesato davanti all'extraterrestre, il pallone che si infila, Fascetti che salta dalla panchina come un grillo, lo stadio che impazzisce, lui che corre sotto la curva e praticamente ha un mancamento. Ciccio stai diventando un calciatore, uno vero, uno ricco e famoso, lo capisci? Un gol e sta cambiando la tua vita, lo capisci Ciccio? "Pensavo che dopo quel giorno nulla sarebbe stato più come prima. Anche perché prima nella mia vita aveva fatto davvero tutto schifo. Avevamo segnato io e Antonio Cassano. Dicevano che lui sarebbe diventato come Maradona, io almeno ero convinto di diventare come Careca". E invece? La stagione finisce. Antonio Cassano verrà venduto alla Roma. Ciccio rimane al Bari seppur per poco, lo mandano a fare esperienza. E l'esperienza sarà assai negativa.
Le ginocchia scricchiolano, si è mai visto un sogno che ha qualche dolore? La porta scorrevole rimane bloccata, non si apre per nessun motivo. È come aver dato un appuntamento, ecco l'appuntamento con il giorno che diventerai un campione. Un giorno hai detto: ci vediamo sabato pomeriggio alle 18, per esempio. E tu all'incontro ci sei andato. Ma il destino non si è presentato. Magari sei stato indisciplinato negli allenamenti, non ti sei curato abbastanza, sei stato superficiale, ci hai messo il cuore ma serviva anche un po' di attenzione, ecco si magari hai sbagliato, ma quella era la cosa che volevi di più al mondo. Tu ci sei andato all'appuntamento. E invece il destino, no. Ti ha voltato le spalle. È così Ciccio? "Dopo quel gol ci sono stati gli infortuni. Sono finito al Livorno in serie B, poi al Foggia in C. Nel 2004 ero già senza contratto, io che pensavo di diventare ricco e famoso, a quel punto mi accontentavo di un contratto di duemila euro al mese, non di più. Poi ho continuato con gli errori: feci il provino in Ungheria al Debrecen, una squadra che poi ha giocato anche la Champions League. Mi proposero tre anni di contratto e io dissi no, mi fidai di gente disonesta che mi promise di rimanere in Italia. Io mi fidai, io volevo ancora". C'era l'appuntamento, appunto.
"Da quel giorno ho più firmato niente, almeno nel professionismo italiano. A quel punto sono stato costretto ad andare all'estero. La prima proposta che mi è arrivata è stata dalla Polonia, ho pensato vado a giocare in serie A, non pagheranno come in Italia ma nemmeno starò così male". Ad avvicinarlo è un ex terzino dell'udinese, Marek Kozminki, che lo vuole nel suo Gornok Zabre. "Bari io ce l'avevo in testa. Bari è una città strana, io a Bari non mi sono mai sentito straniero. E nemmeno nero. Io che potevo essere Cassano, anche quando non lo sono diventato, comunque mi sono sentito uno di voi. Le parolacce, 'mocc a tte, giusto? E poi un affetto che io non conoscevo". La Polonia, la serie A. "Ho firmato un contratto senza capire che c'era scritto. Dicevano 10mila euro al mese, non ho visto neanche un euro. Due mesi, tre partite e sono andato via. Mi tiravano anche le banane dalle tribune, quelle bestie". Dicono che Ciccio abbia un carattere del cavolo. Racconta di lui un vecchio amico, un procuratore. "Quando prese il bidone in Polonia, mi chiamò e mi disse: "Mi aiuti a trovare una squadra?" Io me lo ricordavo bambino in Italia, correva i 200 metri in 22 secondi. Scalzo. Era uno di quei nigeriani lì. Cominciai a fare qualche telefonata: "Dai troviamogli una squadra, poteva diventare un grande giocatore quello lì, sai. Dai, diavolo, dai. Non sarà stato come Cassano ma con quello ci giocava insieme sai?". Io gli trovo la squadra. Lo chiamo, una, dieci, cento volte, e non mi risponde mai. Qualche settimana dopo scopro che aveva firmato un contratto. E non mi aveva detto niente: dico, ci si comporta così?".
Nel frattempo Ciccio era finito nelle serie minori del calcio polacco. B e C, diavolo Ciccio tu non dovevi essere un campione? "Ero extracomunitario e non mi prendevano. E io volevo semplicemente tornare in campo, fare gol e guadagnarmi da vivere per quello che sapevo fare: giocare al calcio". È il 2009 e la spia dell'appuntamento per un attimo, anche per un secondo soltanto, si riaccende. L'Italia è il Meda, squadra di dilettanti in provincia di Bergamo. Si riaccendono le luci, tornano a intervistarlo i giornali: vi ricordate quello che giocava con Cassano? Eccolo, che fine ha fatto. I taccuini si riaprono, lui che ritorna a parlare: "Ho ancora voglia di fare bene per il calcio italiano", "spero di portare in alto il Meda". Di lui in provincia di Bergamo non si ricorda nessuno. Così come nel Lazio dove finisce all'Anziolavino, Eccellenza. Poi passa dallo Zagarolo, gioca, corre, ma segna poco, molto poco. Ora è tornato in Nigeria. Forse non vedrà mai più l'Italia. L'appuntamento ormai è andato a farsi fottere.
(Questa è la storia di Ugochukwu Michael "Hugo" Enyinnaya, uno che un giorno doveva diventare un campione).
Autore: Renato Chieppa
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