Stagione 1997-98, Eugenio Fascetti è alla guida del Bari. Una squadra ben strutturata, che a fine stagione troverà un 11°posto e l’eliminazione agli ottavi di finale di Coppa Italia. Il reparto avanzato è notevole con Guerrero, il mito Masinga, il promettente Ventola e l’oggetto misterioso Marcus Allback. A centrocampo buoni incontristi, Ingesson e Bressan garantiscono una certa qualità, ma servirebbe un giocatore in grado di svariare sulla trequarti con rapidità e fantasia.
Antonio Matarrese vola in Bretagna, in quel di Rennes, e sfila ai Rouges et Noirs il supplente di Sylvain Wiltord. Si chiama Gregory Noel Campi, anni 21, talento tascabile del Principato di Monaco che aveva già mostrato qualità interessanti.
L’idea del Bari è di utilizzarlo nel turnover e attendere la sicura esplosione e i primi segnali in allenamento sono incoraggianti: discreta tecnica, rapidità e anche un carattere compiacente. Fascetti lo arretra come interno di centrocampo, per addestrarlo al consueto 4-4-2 dei Galletti.
I risultati però non confermano le attese: forse il buon Campi non si adatta al suo ruolo o più probabilmente il mister viareggino si rende conto che non è tutto oro quel che luccica, come avevano già compreso Esopo e Shakespeare. Il suo esordio in un Napoli-Bari (2-2, ndr) non convince proprio nessuno. Risultato: 2 partite in 3 stagioni, non si merita neppure la figurina all’interno dell’album Panini.
La sua permanenza a Bari prosegue tra tribune, divano con birra e rutto libero, e ricche mangiate di pesce.
Tolkien ne “Il Signore degli Anelli”, alla perifrasi “Non tutto quel ch’è oro brilla” aggiunge “Dalle ceneri rinascerà un fuoco”. Forse Campi aveva letto quel passo, fatto sta che raccoglie baracche, burattini e il suo talento ben celato e si sposta con fare deciso di una cinquantina di km, ai piedi delle Murge, nella Fidelis Andria. Dieci presenze, 0 gol, anche i cugini maledicono il pacco scaricato da Matarrese, figlio di Castel del Monte. La squadra retrocede, ma il concorrente di Wiltord resta in C2, messo ai margini del gruppo. Nonostante il suo nobile sangue monegasco, anche lui è costretto a confrontarsi con la brutta piaga del mobbing e prova a vendere il suo prodotto calcio in Canada, come facevano i nostri connazionali all’inizio del secolo scorso…altro che nobiltà. Le sue tracce si perdono per tre stagioni, anche se dubitiamo che a Montreal i ragazzini giocassero nei parchi con il suo mitico numero 7 sulle spalle. Il Lilla gli concede l’opportunità di tornare in terra transalpina: certo, non ci sarà il clima mite e le donne in deshabillè come nel Principato, ma se collezioni 15 gettoni scarsi in 4 anni il coltello è chiaramente dalla parte della lama. Nonostante la presenza in panchina di Claude Puel, autentica bandiera del Monaco, il nostro eroe si ferma ad una media di una partita a stagione…
Un ultimo viaggio al Le Louvriere, serie B belga, poi il clamoroso dietrofront: “Almeno in Italia si mangia come si deve”-avrà pensato. La Sanremese lo acquista nel 2006, per il campionato di C2, stavolta non ha alibi: a due passi da casa, clima identico al suo Principato, i requisiti ci sono tutti. Campi circondato di fiori (passatemi la battuta triste come il suo talento) riesce nell’impresa di totalizzare 22 presenze, per il gol forse è meglio provare con il calcetto “Scapoli contro ammogliati”.
Paradossalmente nel momento più felice della sua carriera la Sanremese vive l’incubo della radiazione e Campi sparisce come il Mago Silvan.
Chissà cosa farà ora, anzi non lo vogliamo sapere: con l’attuale problema stipendi in casa Bari, parlare di ex turisti stipendiati può essere poco piacevole…
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