Cesar Falletti è stato intervistato in un Focus sulla sua vita, calcistica e non, ai canali ufficiali del Bari. Queste le sue parole: 

Sull'infanzia"Mi sono trasferito a Montevideo che avevo un anno, ma dopo siamo tornati ad Artigas perché avevamo parenti lì. Ci andavamo spesso. È una bella città. Da piccolo non mi è mancato niente. I miei genitori hanno sempre lavorato per me, ma non è mai stato facile. Mio padre era muratore, mia madre casalinga. Non mi piaceva il calcio. Mio nonno mi ha portato a giocare, ma lì non esistevano scuole. Da lì ho cominciato e dopo il primo allenamento ho capito che il pallone era tutto per me. Prima di cellulare e PlayStation si giocava a calcio per strada con gli amici. Quella è la mia infanzia. Non è stato facile arrivare nel settore giovanile perché dovevo spostarmi a Montevideo. A volte non c'erano soldi per pagarmi il pullman, ma i miei facevano sacrifici per non farmi perdere un allenamento".

Sul nonno e sulla madre"Lo ringrazio, anche se ora non c'è più. Quando guardo al cielo, cerco lui e mia madre. Lei stava sempre anche quando pioveva, faceva 400 chilometri per vedermi giocare. Mi spiace che non abbia potuto vedere mia figlia, aveva il desiderio di una nipotina oltre che un nipotino. È dura ma sono stato sempre presente per loro".

Sul soprannome e la sua terra"Al nord dell'Uruguay mi chiamavano "piccolo". Ora sono il "Papu" perché è un appellativo molto usato lì ed io lo utilizzo anche quando non mi ricordo i nomi. In Uruguay viviamo di calcio, abbiamo vinto due mondiali, abbiamo la garra charrua che ci ha portato a vincere nonostante fossimo un paese piccolo. Molti sono andati via perché nessuno pensava che avrebbero vinto, soprattutto nel 1930. Non c'erano soldi neanche per mangiare e di fatto hanno festeggiato da soli."

Sezione: News / Data: Lun 30 settembre 2024 alle 14:00
Autore: Piervito Perta
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