Giovanni Indiveri, oggi quarantacinquenne, non può dimenticare le splendide annate passate in biancorosso, colme di soddisfazioni nonostante le sole 5 presenze raccolte. Aggregato alla prima squadra già nel 1993-’94, senza mai scendere in campo, tornò in Puglia due anni dopo, con nel curriculum le esperienze in prestito ad Olbia e Benevento. In esclusiva ai nostri microfoni racconta le emozioni vissute nel Bari di Fascetti: “Quell’anno, in B, pur se sfavoriti, facemmo un’impresa importante, conquistando la massima serie con giovani di valore come Ventola, Flachi, Di Vaio. Il ricordo più bello, indelebile, resta quella gara in casa con il Castel di Sangro, che sancì la promozione in A. Ero in panchina, ci saranno state 60 mila persone, un entusiasmo incredibile.”
Nell'annata seguente, la permanenza di Indiveri in riva all’Adriatico fu imposta dall’allenatore: “Partii in ritiro con il gruppo, ma dovevo andare a giocare a Pistoia, in C. Il mister, invece, decise di non farmi andar via. La sua scelta fu quella di alternare, in panca, me e Gentili, come dodicesimi, alle spalle di Franco Mancini. Si trattò di un’annata non appagante, per il sottoscritto, perché priva di stimoli. Anche se riuscimmo a centrare la salvezza. Ci fu alternanza anche nell’unica presenza stagionale, all’ultima giornata, a Napoli. Luca giocò nel primo tempo, io nel secondo.”
La stagione successiva fu decisamente più bella, sul piano personale: “Rimasi nei ranghi dei galletti, come secondo di Mancini. Ed il mio momento arrivò a marzo, contro l’Inter. Franco aveva una frattura alla mano, ma fece tutto il riscaldamento pre-partita, perché era un guerriero e voleva esserci lo stesso. Solo pochi minuti prima dell’inizio Fascetti mi disse che avrei giocato io. Non ebbi il tempo di avere paura, e fu una serata bellissima, coronata dal successo per 1-0. Venni schierato titolare anche nelle successive tre partite, contro Parma, Milan e Roma. Contro i rossoneri, che avrebbero vinto lo scudetto, a S. Siro, venimmo raggiunti solo nel recupero, su rigore. Finì 2-2 e fu un’altra grande soddisfazione. Di quegli anni ho solo ricordi belli, eravamo un grande team, ben amalgamato anche sul piano dei rapporti personali. Non sono mai retrocesso, con questi colori. Grazie al tecnico, che era un condottiero, ed al presidente Matarrese, un uomo perbene, che se dava la sua parola, la rispettava in qualsiasi caso.”
Riguardo alle possibilità dei ragazzi di Vivarini negli imminenti playoff, l’ex estremo difensore mette in guardia: “Ho giocato vent’anni, e la C l’ho anche vinta. Ma il club dei De Laurentiis avrà vita dura. Bisognerà verificare la tenuta fisica della squadra. Il Bari è l’unica società costretta a vincere gli spareggi. Bisogna stare attenti alle pressioni, alcuni giocatori le apprezzano, altri le subiscono. Il blasone non conta nulla, sul campo. Le altre compagini, che hanno già giocato altre gare, saranno avvantaggiate. Anche la Juve, quando è tornata a giocare, ha avuto qualche difficoltà. Può capitare, ai biancorossi. Comunque, questa città merita il salto di categoria, per poter puntare alla A. E con l’attuale proprietà si può andare lontano.”
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