Nel corso della nostra intervista, Valerio Majo, in biancorosso dal 1981 all'83, ha raccontato il suo punto di vista sull’attualità del calcio.

“Vivo tra la Costa Azzurra, tra Nizza e il mio paese in Abruzzo, e seguo poco il calcio. Non me ne vogliano, ma mi fa proprio ‘vomitare’ - dice Majo con schiettezza - non hanno inventato nulla. Il calcio è diventato un casino, ma un vero casino. Oggi il portiere gioca più della mezzala, tutto è cambiato, e in peggio”.

Majo ribadisce la sua critica alla modernità del gioco, paragonandola alla sua esperienza passata: “Braccetto… ma quale braccetto? Siamo stati noi l’ultima squadra che ha fatto divertire tutti, ‘la Bari dei Baresi’. Io sono arrivato a novembre, venivo da Catanzaro, dove avevamo fatto campionati importanti, sesti o settimi. Sono venuto a Bari - per il dottor Francesco Capocasale, che era stato mio allenatore al Pescara, una fortuna ritrovarlo -e stavate messi male, eravate penultimi o quasi. Eppure, siamo riusciti a fare un campionato mai visto, una squadra che giocava a memoria, con sette-otto undicesimi che si conoscevano a occhi chiusi. Quale tattica? Si giocava in 4-3-3 a zona totale, si attaccava sempre noi. I vari Zeman sono arrivati dopo, quindi non hanno inventato nulla”.

Sulla situazione attuale del calcio e sui commentatori, Majo è severo: “I miei ex compagni che oggi fanno i telecronisti e opinionisti? Mi vergognerei se fossi loro. Come si permettono di giudicare? Hanno fatto questo lavoro, sanno che non è facile. E poi senti cose incredibili. Criticano gente che ha fatto 400, 500, 600 partite come se niente fosse. E parliamo dei giovani: uno che fa mezza partita lo fanno diventare fenomeno, e così gli rovinano la carriera. Purtroppo, oggi questi ragazzi mancano di umiltà, e infatti pochi emergono davvero”.

Majo si chiede con sarcasmo come mai non ci sia più il “numero 10”: “Non c’è più fantasia, non c’è più la libertà di inventare. Se dovessi giocare oggi mi metterei la benda sugli occhi perché sono troppo prevedibili. Ho più di 70 anni, ma mi metterei a ridere con questi qua, ci giocherei a bocce. Corrono, ma per dove? Noi giocavamo a zona, dalla metà campo in su accorciavamo le distanze, c’era un’idea. Eravamo gli unici a giocare così, gli altri cercavano di capirci ma non ci riuscivano. Se si vanno a rivedere gli articoli dell’epoca, anche Sacchi e Liedholm venivano a vederci di nascosto”.

Sezione: In Primo Piano / Data: Sab 09 agosto 2025 alle 09:30
Autore: Enrico Scoccimarro
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