Ci sono allenatori che vengono ricordati per il loro gioco, altri per il loro carisma e altri ancora per la loro umanità. Davide Nicola fa parte di quest'ultimo gruppo. L'ex mister del Bari ha ottenuto qualche giorno fa la salvezza del suo Genoa all'ultima giornata di campionato, battendo il Verona 3-0 e condannando il Lecce al ritorno in cadetteria dopo un solo anno. Dopo il miracolo col Crotone del 2017, per Nicola è la seconda salvezza in Serie A, ottenuta entrambe le volte all'ultima giornata. 

Due risultati sofferti, inseguiti fino all'ultimo istante e che simboleggiano il carattere dell'allenatore ex Bari. Nicola è subentrato a Mangia nel novembre 2014, non riuscendo a portare i biancorossi a giocarsi i playoff. Nonostante ciò il presidente Paparesta lo confermò, per poi esonerarlo a dicembre 2014 con il suo Bari terzo in classifica e con una media punti altissima. Una decisione che fece infuriare molti, ma non il tecnico che dall'alto della sua umanità accetto la decisione e non fiatò.

Il destino lo ha ricompensato in parte, perché perdere un figlio in giovane età potrebbe distruggere chiunque. Ma non Nicola, che a qualche ora dalla partita decisiva del suo Genoa ha voluto scrivere una lettera, poi pubblicata e dedicata ai giovani. Tanti significati in un traguardo raggiunto all'ultima giornata. E una irrefrenabile voglia di potersi rivolgere ai giovani, affinché da questo possano trarre il meglio.

"Mancano due minuti alla mezzanotte del 1 di agosto... il che significa che tra due minuti scatterà il 2 agosto!
Ultima giornata di campionato, tutto in un solo giorno, tutto il lavoro di questi interminabili 7 mesi.

Speranze, timori, emozioni passate convergono in questo ultimo giorno di campionato , dove tutto è ancora in ballo.

Dentro o fuori? Tutto o niente? Si è così e però a pensarci bene ...non è neanche così ... nel senso che pur essendo giudicati dai risultati che potrebbero arrivare oppure no, c’è di mezzo un lavoro prezioso, minuzioso, efficace che però perderebbe di valore ed interesse se non si completasse l’opera.

Che tristezza a pensarci bene, è il classico messaggio che passa la nostra società e la nostra cultura ai più giovani. 
Tutto ciò fa perdere fiducia al giovane che si appresta a costruire la sua lunga strada ossia trovare il suo posto nella vita.

Se perdo non valgo niente, se vinco sono il più forte, il più bravo, il più bello.
Non c’è da meravigliarsi che gran parte di essi poi facciamo fatica a prendersi delle responsabilità... o ad  affermare se stessi o a piacersi o a definirsi ed immaginarsi uomini di successo.

In realtà bisognerebbe oggettivamente analizzare che il giovane può diventare un vincente se si considera la sua esperienza come processo migliorativo, inevitabile per costruire la sua identità e per conoscersi come potenzialità.
 indipendentemente dal successo ottenuto in una data situazione.

Galimberti però dice che l’identità è data dagli altri... forse è il motivo per cui  molti giovani non sono capaci di riconoscersi in questa società, rimanendone delusi.
La paura del fallimento porta a rifiutare l’azione che ti porta al successo e come ben si sa prima del successo ci sono una lunga lista di fallimenti.
Come possiamo migliorare questo freno per l’essere  umano? 

Semplicemente rischiando di fallire cambiando la visione del fallimento in una visione orientata al tentativo di successo.
Elogiando il tentativo come l’azione più nobile ... molto più nobile del successo in se.

Oggi non mi sento più capace se vinco
Non mi sento più incapace se perdo, sono consapevole  di vincere o di perdere ma sono più consapevole del percorso fatto per inseguire una meta ed è questo che fa di me un vincente 

Dedicato ai giovani".

Sezione: Gli ex / Data: Mar 04 agosto 2020 alle 21:00
Autore: Claudio Mele
vedi letture
Print