​La sconfitta interna contro il Catanzaro ha riacceso nel capoluogo pugliese un campanello d'allarme che molti speravano di aver riposto definitivamente in soffitta. Non è solo la classifica a preoccupare - un quattordicesimo posto che inizia a farsi pesante - ma è quella sensazione di apatia e smarrimento che troppo spesso, nella storia del Bari, ha preceduto i capitoli più bui. Il calcio, specialmente in una piazza esigente e passionale come questa, insegna una lezione brutale: non si vince, e soprattutto non ci si salva, semplicemente perché ci si chiama Bari.

​Il rischio più grande che l'ambiente e la società stanno correndo è quello di cadere nella trappola del blasone. È una sindrome già vista in passato, quando la convinzione che la caduta nel baratro fosse "impossibile" per una realtà di questo livello ha finito per accelerare il disastro. I fantasmi della Serie C non sono solo ricordi sbiaditi, ma moniti reali: squadre costruite senza un’anima, prive di giocatori di rottura a centrocampo e leader carismatici in difesa, sono finite triturate da un campionato di Serie B che non guarda in faccia a nessuno. Se oggi la manovra appare lenta, prevedibile e priva di quella cattiveria agonistica necessaria per sporcarsi le mani, è perché si sta perdendo di vista la realtà del momento: il Bari oggi è in lotta per non retrocedere.

​La storia recente insegna che le rinascite avvengono solo quando si ha il coraggio di guardare in faccia il pericolo. Richiamare Vincenzo Vivarini è stata una scelta legata alla bellezza del passato, ma il tecnico abruzzese si trova oggi a gestire un gruppo che sembra aver smarrito la propria identità. Senza una sterzata immediata, che deve passare necessariamente da un mercato di gennaio aggressivo e mirato, il rischio è che la "normalità" di una stagione difficile si trasformi in una deriva irreversibile. La Serie B è un torneo che perdona la mancanza di estetica, ma punisce severamente l'assenza di fame e di organizzazione.

​Per scacciare l’ombra della terza serie, serve un bagno di umiltà collettivo. La società deve capire che questa rosa, così com'è strutturata, manca di quegli elementi di esperienza e "sostanza" fondamentali per navigare nelle zone basse della graduatoria. Non si può più aspettare che la luce si accenda da sola: servono interventi strutturali e un cambio di mentalità radicale. Il Bari deve smettere di specchiarsi nel proprio nome e iniziare a lottare su ogni pallone come se fosse l'ultimo, perché i fantasmi del passato tornano a trovarci solo quando smettiamo di temerli.

Sezione: In Primo Piano / Data: Lun 22 dicembre 2025 alle 11:00
Autore: Enrico Scoccimarro
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