Se lo paragoniamo al giro di milioni che muove ai giorni nostri, il primo mondiale sembra un torneo a livello dilettantistico. La scelta della sede, pur in casa della squadra più forte del momento, impedisce una partecipazione di qualità delle nazionali europee. Il successo finale dell’Uruguay è comunque al di sopra di ogni sospetto, come mai più accadrà alle formazioni di casa vincitrici.
UNA LUNGA GESTAZIONE – La FIFA (Federation Internationale des Futbol Association) nasce il 21 maggio del 1904, a Parigi. Perché si giunga all’organizzazione del primo Campionato del mondo, però, bisogna attendere un quarto di secolo. Nel frattempo, l’attività internazionale ufficiale è limitata alle Olimpiadi, che nel 1920 vedono l’affermazione dei padroni di casa del Belgio, mentre nelle successive due edizioni a trionfare sarà l’Uruguay, squadra leader di un movimento sudamericano in quel momento all’avanguardia, in assenza dei maestri inglesi.
Finalmente, il 18 maggio del 1929, il Congresso della FIFA, riunito a Barcellona, assegna proprio all’Uruguay l’organizzazione del primo trofeo iridato, nonostante il Paese stia attraversando una difficile crisi economica. Per l’occasione, scatenando il malumore della popolazione, viene costruito l’Estadio Centenario, così chiamato in onore del centenario della Costituzione uruguayana. È un catino destinato a contenere fino a 80000 persone, ancora oggi sede delle gare della Celeste.
TANTE DEFEZIONI – Il problema maggiore, alla prova dei fatti, risulta essere la partecipazione delle squadre europee alla manifestazione. Sono ben lontani i tempi dei viaggi aerei transoceanici e via mare, oltre al costo elevato, si ha un notevole dispendio di tempo che giocatori dilettanti non possono permettersi. Dal vecchio continente arrivano dunque in quattro. Ovviamente la Francia di Jules Rimet, presidente della FIFA e maggior sostenitore del torneo. Ad accompagnarla sono Belgio, Jugoslavia e Romania, quest’ultima “obbligata” a partecipare dal suo sovrano, appassionato di calcio. Mancano quindi, oltre ai britannici, le nazioni del centro Europa, l’Italia e la Spagna, cioè le migliori del momento. Tutte presenti, invece, le più quotate squadre americane, dagli argentini, rivali per antonomasia dei padroni di casa, al Brasile, dal Cile al Perù, dalla Bolivia al Paraguay, oltre al Messico e agli Stati Uniti. Proprio negli States il movimento calcistico sembra prendere piede (ma sarà solo la prima di tante false partenze) e la nazionale a stelle e strisce sbarca a Montevideo con fondate velleità di vittoria finale. Le partecipanti sono dunque 13, divise in tre gironi da tre squadre e in uno da quattro, con le prime qualificate alle semifinali.
FUORI IL BRASILE – Ai francesi spetta l’onore di battezzare il torneo, contro il Messico, e francese è anche l’autore del primo gol “mondiale”. Lucien Laurent, che apre le marcature del netto 4-1 con una botta dal limite. Il girone, alla fine, sarà però appannaggio dell’Argentina, che batterà il Cile nello scontro decisivo per il primato. Tutto semplice per l’Uruguay, contro Romania e Perù, così come per gli Usa, mai impensieriti da Belgio e Paraguay. L’unica sorpresa è dunque l’eliminazione del Brasile per mano della Jugoslavia, comunque una formazione di buon livello. Fatale ai verdeoro già la prima gara, nella quale possono ben poco contro i ben più rapidi slavi, molti dei quali protagonisti del campionato francese.
DUE SET A ZERO – Il sorteggio delle semifinali è benevolo ed evita lo scontro fratricida tra Uruguay e Argentina. Le formazioni platensi festeggiano lo scampato pericolo giocando a tennis contro i malcapitati avversari. Un doppio 6-1 che la dice lunga sul divario di forze in campo. Gli argentini affondano gli statunitensi, che si erano dichiarati già pronti a giocare la finale. Con una doppietta, Guillermo Stabile sale a quota sette gol segnati in tre gare (nella prima non era presente). El Filtrador, a fine torneo, arriverà in Italia a far felici i tifosi genoani, prima che un terribile infortunio ne mini il resto della carriera, passata senza molta fortuna anche da Napoli.
Al Centenario, la Jugoslavia fredda il pubblico di casa con un gol in contropiede dopo soli quattro minuti. Il capitano Scarone, però, si rimbocca subito le maniche e suona la carica. In mezzora l’Uruguay va a segno tre volte, doppiando il bottino nella ripresa. A decidere il primo mondiale sarà dunque, come previsto e sperato da tutti, la sfida sentitissima tra due paesi più che vicini. Montevideo e Buenos Aires, le due capitali, si fronteggiano sulle rive del Rio de Plata, la cui foce divide da sempre i due stati, il piccolo Uruguay e la grande Argentina.
TRIONFO CELESTE – Due particolari che aiutano a descrivere il clima che precedette la gara. Il maggior quotidiano di Montevideo titolava: “Che nemmeno un revolver argentino attraversi il confine!”. L’arbitro designato, il belga Langenus, pretese una polizza sulla vita a beneficio dei familiari e un piroscafo pronto a salpare subito dopo il fischio finale. Il primo problema sorge nella scelta dei palloni, visto che ognuna delle due squadre vorrebbe il suo, e viene quindi deciso di utilizzare quello argentino nel primo tempo e quello uruguaiano nella ripresa.
La Celeste parte forte e passa al 12’ con un diagonale dell’ala destra Dorado, ma il vantaggio sgonfia i padroni di casa, mentre le reazione ospite è veemente. Otto minuti dopo, infatti, Peucelle pareggia sotto misura e al 37’ Stabile, in sospetta posizione di fuorigioco, si presenta solo davanti al portiere e lo batte, ribaltando la situazione e gettando lo stadio nello sconforto.
Nella ripresa, però, è ancora una volta Scarone a guidare la riscossa dei suoi, servendo a Cea un assist delizioso per il due a due. Altri dieci minuti e Iriarte ribalta nuovamente il punteggio con una botta all’incrocio da 25 metri. Infine, con l’Uruguay ormai padrone incontrastato del campo, Castro firma il poker incornando un cross di Dorado.
IL CAMPIONE DEI CAMPIONI
Hector Scarone – Bandiera del Nacional Montevideo, col quale ha vinto 8 titoli nazionali e segnato più di 300 reti. È ancora considerato da molti il più grande calciatore uruguaiano di tutti i tempi. Fisico da fantasista puro, quale appunto era, ma con uno stacco di testa non indifferente. Coi piedi faceva quello che voleva, segnando ripetutamente su punizione e anche direttamente da calcio d’angolo. Il suo carattere spigoloso gli creò non pochi problemi coi tifosi avversari, soprattutto argentini. Giocò anche in Italia, con le maglie dell’Ambrosiana (Inter) e del Palermo.
TABELLINO DELLA FINALISSIMA
Montevideo, 30 luglio 1930
Uruguay: Ballestrero, Nasazzi, Mascheroni, Andrade, Fernandez, Gestido, Dorado, Scarone, Castro, Cea, Iriarte.
Argentina: Botasso, Della Torre, Paternoster, J.Evaristo, Monti, Suarez, Peucelle, Varallo, Stabile, M.Ferreyra, M.Evaristo.
Marcatori: 12’ Dorado(U), 20’ Peucelle(A), 37’ Stabile(A), 57’ Cea(U), 68’ Iriarte(U), 89’ Castro(U).
CONTINUA...
Autore: Andrea Dipalo
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