È arrivato il primo punto della gestione Vivarini, ma chiamarlo boccata d’ossigeno sarebbe un azzardo. A Castellammare il Bari strappa uno 0-0 che più che una ripartenza somiglia a un lento galleggiamento, l’ennesima fotografia di una squadra che non riesce a riconoscersi. Zero tiri nello specchio della porta: un dato che pesa più del risultato, che racconta una difficoltà strutturale, radicata, ben più profonda del semplice cambio allenatore.
La Juve Stabia ha fatto la gara, ha colpito due volte, ha esultato due volte. Ma le reti di Gabrielloni e Correia sono state annullate: episodi che hanno salvato il Bari da un’altra batosta, lasciando però intatto un problema evidente. E nella ripresa, il palo di Mosti ha aggiunto un altro brivido a una serata in cui il Bari si è aggrappato più alla fortuna che al gioco. La squadra non riesce ad alzare i giri, non riesce a costruire, non riesce a vibrare. Vivarini prova a mettere ordine, ma al “Menti” il suo Bari è rimasto per larghi tratti un corpo inerte, timoroso, incapace di imporsi e di imporre un’idea.
Eppure, nel deserto tecnico ed emotivo, arriva un punto. Non è molto, ma è un inizio. Il Bari non crolla. Non entusiasma, non accelera, non convince. Ma almeno resiste. Non è ciò che i tifosi si aspettano, non è ciò che basta per dissipare lo scetticismo ormai dilagante. Però è l’unica tessera, oggi, su cui si può provare a costruire qualcosa. La classifica, però, è la stessa fotografia impietosa di sempre: 14 punti, sedicesimo posto, piena zona playout. Una realtà da cui non ci si può distogliere lo sguardo.
Il tema, ora, si sposta inevitabilmente sul futuro. Il mercato di gennaio sarà davvero l’ancora a cui affidare le speranze? E soprattutto: ha senso pensare di rimettere mano al gruppo con gli stessi uomini che l’hanno costruito? Nel silenzio sempre più rumoroso della piazza, che lunedì diserterà lo stadio, queste sono le domande che rimbalzano per la città come pietre scagliate sulle vetrine della programmazione.
Il Bari torna da Castellammare con un pareggio che sa di sospensione: non sprofonda, ma non risale. Un punto che non cura ferite, ma evita altre cicatrici. Un istante di pausa in un percorso che resta pieno di interrogativi. La strada è ancora lunga, il tempo sempre meno. E il lavoro, per Vivarini e per chi dovrà decidere il futuro tecnico e dirigenziale di questo gruppo, rischia di essere più complesso di quanto si immaginasse solo poche settimane fa.
E ora arriva il Pescara. Lunedì dell’Immacolata, al San Nicola, un’altra gara delicatissima tra squadre che inseguono la salvezza. Una partita che avrà un peso emotivo particolare proprio per Vivarini, abruzzese di Ari, reduce dall’esonero dopo le prime dodici giornate in biancazzurro prima di ripartire dal Bari. Un incrocio che dirà molto: non solo sul presente, ma anche sul futuro di una stagione che continua a vivere sul filo.
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