Certe storie non si raccontano, si avvertono. Matthias Verreth porta dentro un dolore che non ha bisogno di parole: la perdita del figlio, la scorsa estate. Un colpo che avrebbe potuto spezzare chiunque. Lui invece ha scelto di restare in silenzio, di tornare sul campo, di farsi forza nel solo modo che conosce: giocando.

E proprio da lì, dal campo, è ripartito anche il Bari. Perché oggi Verreth non è solo un titolare, ma l’asse attorno a cui ruota tutto il sistema biancorosso. Il suo calcio è controllo, equilibrio, misura: quando ha la palla, la squadra respira; quando manca, il Bari si smarrisce.

Caserta lo ha reso il perno della manovra: non un semplice interno di centrocampo, ma il cervello tattico della squadra. È lui a cucire i reparti, ad aprire il gioco, a dettare i tempi. Da mezzala si abbassa fino alla linea dei centrali per costruire, poi accompagna la manovra con intelligenza, senza mai forzare. In un campionato dove l’intensità spesso soffoca la lucidità, Verreth è l’uomo che sa pensare.

La sua centralità, però, va oltre il campo. È emotiva, quasi morale. Lo spogliatoio lo guarda come un riferimento silenzioso, i tifosi lo hanno adottato come simbolo di resilienza. La sua presenza basta a dare al Bari una solidità diversa, quella che nasce dalla consapevolezza, non solo dalla tattica.

Verreth è diventato il volto di un gruppo che ha scelto di non arrendersi. Ogni suo passaggio ha il peso delle cicatrici, ma anche la leggerezza di chi ha imparato a vivere un giorno alla volta.

E così, nel cuore del Bari, oggi batte forte il suo nome. Perché se il Bari ritroverà la strada, sarà anche grazie a lui, al suo equilibrio, alla sua calma, e alla forza silenziosa di chi ha già vinto la partita più difficile.

Sezione: In Primo Piano / Data: Lun 13 ottobre 2025 alle 10:00
Autore: Lorenzo D'Agostino
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