A volte si commettono errori che compromettono l'andamento della nostra vita, professionale e non solo. L'importante però è prenderne coscienza e soprattutto porre rimedio. Così come è successo all'ex bandiera della Sampdoria Francesco Flachi.
L'ex attaccante, a Bari nella stagione 96/97, ha ormai appeso gli scarpini al chiodo 11 anni fa, quando il Tribunale Nazionale Antidoping lo sanzionò con ben 12 anni di squalifica perchè nel 2009 venne trovato positivo alla cocaina, per la seconda volta dopo la positività riscontrata sempre per cocaina durante un controllo antidoping del 2007 a seguito del quale venne squalificato per 24 mesi.
Il peggio è quasi passato perché Flachi sta per scontare definitamente il suo conto con la giustizia sportiva. Si è raccontato ai nostri microfoni a 360° tornando indietro nel tempo, ricordando aneddoti legati alla sua prima vera esperienza da calciatore: "Bari è una piazza che deve stare in serie A, a livello di città e di storia è una delle più importanti d'Italia, ed è uno scandalo che si trovi ancora in serie C. Sembra una frase fatta ma non lo è. Bari ha bisogno di investimenti importanti per realizzare qualcosa di grande per riportarla nella massima serie".
In serie A ci sono alcuni protagonisti del calcio scommesse poco sanzionati, tu per un errore personale sei stato sanzionato per 12 anni.
"Io guardo me stesso. Ho sbagliato e non sono stato un buon esempio, ma ho fatto male solo e soltanto a me stesso e alla mia famiglia, l'importante è rimettere le cose a posto. Non giudico gli altri, ognuno giudica come vuole le altre persone, io so solo che ho sbagliato e sto pagando. Però ripeto, ho fatto del male solo a me stesso".
Tra le sanzioni hai ricevuto anche la diffida allo stadio...
"Fino a due anni fa non potevo mettere piede in uno stadio. Ora, per fortuna, la situazione si è sbloccata. Finita la diffida fui invitato dalla Sampdoria. Fu una grande emozione tornare a riabbracciare i tifosi blucerchiati".
A Bari sei stato un anno. Che ricordi hai di quel periodo?
"L'anno di Bari per me è stato importante. Abbiamo lasciato (tutta la squadra) il segno, vista la vittoria del campionato di serie B. Personalmente fu la mia prima esperienza fuori casa. Non è stato facile per me perché ero molto giovane, venivo in una piazza grande e l'approccio è stato complicato. Un'esperienza che mi è servita perché ho iniziato a vivere da solo e a prendermi le prime vere responsabilità. Poi ho avuto la fortuna di giocare con un grande uomo come Klass Ingesson e il piacere di duettare com Thommas Doll. In quel gruppo c'erano valori e rispetto, per noi giovani è stato importante soprattutto per la crescita".
Cosa ti è rimasto della città?
"A Bari mi sono trovato bene. L'unico problema è che si cena alle 23 - sorride - quando andavamo a mangiare nei ristoranti alle 19.30 non c'era nessuno e non potevo avere l'opportunità di condividere la sala con nessuno se non con i miei compagni. Scherzi a parte, è normale perché ognuno ha le sue tradizioni ed è questa la peculiarità dell'Italia".
Ricordi qualche parola in dialetto?
"Va scazz l rizz cu c.. , le cim di repe ecc... Il dialetto barese è davvero molto particolare e mi piace tantissimo, anche se lo capisco poco e impararlo non è stato facile (sorride, ndr)".
Di cosa ti occupi attualmente?
"Sono un collaboratore di una società che gioca in Eccellenza, alleno i ragazzi del settore giovanile. E' la prima esperienza che non pensavo assolutamente di fare. Faccio anche lezioni private. Lavoro anche per alcune tv locali. Tra due mesi termina la squalifica è il primo obiettivo sarà quello di prendere il patentino di allenatore. Al momento alleno ma non vivo campo e panchina a 360° per via della squalifica. Il peggio però è passato, ci siamo quasi. Cosa dico ai tifosi del Bari? Sono gemellati con i tifosi della Samp e non può che farmi ancora più piacere. Mando loro un grande abbraccio e spero che ritornino nella massima serie. Perché questo pubblico merita la serie A. Li ringrazio perché, seppur solo per un anno, per me è stata un'esperienza di vita importante".
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