Per Gionatha Spinesi, quella a Bari resta una delle esperienze professionali più importanti della carriera da calciatore. Sei anni, dal 1998 al 2004, con 140 presenze e 58 gol tra campionato e Coppa Italia. Per lui, a queste latitudini, l’esordio in massima serie, con Fascetti, e buon rendimento in massima serie.

In esclusiva ai nostri microfoni ricorda:“A mister Eugenio devo tantissimo, perché mi ha insegnato i valori, nel calcio, mi ha fatto debuttare in A, fregandosene delle gerarchie, ed abbiamo fatto anni molto belli.”

Dopo la retrocessione in B, nel 2001, con la cacciata dell’allenatore viareggino, per Spinesi iniziano annate importanti, sul piano realizzativo, in cadetteria. Sempre in doppia cifra, con i galletti, di fatto, salvati dai suoi gol. Poi, nel 2004 l’addio.

Traumatico: “L’ultimo anno, in scadenza di contratto, ho sempre lavorato da professionista, ed a dicembre ero capocannoniere, con 12 gol. Quando arrivò Pillon al posto di Tardelli in panchina, mi disse che aveva avuto mandato dalla società di non farmi giocare, perché il club aveva intenzione di vendermi per fare cassa.”

Di lì, iniziano una serie di traversie, con l’attaccante fuori squadra durante tutto il mercato invernale: “Il club trattò la mia cessione con il Napoli, tanto che Matarrese e l’allora presidente partenopeo Naldi si incontrarono e definirono il prezzo del cartellino. Per oltre un mese non seppi più nulla, poi, il 31 gennaio, ultimo giorno di contrattazioni, andai a parlare con il diesse Alberti e con D’Oronzo della mia situazione. In quell’occasione discussi con Naldi, che mi chiese di firmare un contratto in bianco, dopo un mese e mezzo di trattative, precisando che soldi, a Napoli, non ce ne fossero. Rifiutai, e francamente pensavo di essere reintegrato dal Bari.

Ma la vicenda prese un'altra piega: "In società mi dissero che mi avrebbero fatto giocare con la Primavera. Allora, ci accordammo per la rescissione. Avevo ancora 6 mesi di contratto, e non chiesi nulla al club. Avevo ottimi rapporti anche con i gruppi del tifo organizzato, tanto che quando son tornato a Bari, con il Catania, nonostante lo stadio mi abbia fischiato, gli ultras vennero a salutarmi, a fine gara. Tutto quello che ho fatto, nella mia esperienza in Puglia, è sempre stato per il bene del Bari. Fosse dipeso da me, sarei rimasto volentieri. Ci saremmo salvati sul campo, ed avrei vinto, magari, anche il titolo di capocannoniere.”

Invece, i galletti, orfani del loro bomber, retrocessero in C, in quel terribile playout contro il Venezia, venendo solo in seguito ripescati in cadetteria. A causa, tra l’altro, del fallimento proprio del Napoli.

Sezione: Amarcord / Data: Mar 29 giugno 2021 alle 14:00
Autore: Giovanni Gaudenzi
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