Pallone tenuto tra i piedi per secondi che sembrano non passare mai, flemma atavica nei movimenti, nessun meccanismo oleato, giocate assolutamente improvvisate. E se ne potrebbero aggiungere tante di descrizioni sulla partita del Bari ieri a Cosenza ma di certo non se ne troverebbe nemmeno una positiva o speranzosa. Il tutto aggravato dal fatto che la seconda parte di stagione è stata molto simile alla gara di ieri. Sbagliare è umano, perseverare è diabolico. Ma chi sbaglia? Chi persevera?
Forse i giocatori con la loro poca voglia? Ma perché dovrebbero metterci poca voglia se l’obiettivo è lì ad un passo?
Forse la società, contestata ma sicura di raggiungere i playoff, stando alle parole del Ds Magalini nella vigilia della disfatta calabrese?
Probabilmente entrambe le componenti ma quando si parla di allenatore e gestione di campo i “probabilmente” e i “forse” spariscono, lasciando spazio a certezze, dimostrate, ripetute e reiterate dal campo. Il campo verde non mente mai.
E chi guarda quel campo, mosso da qualsiasi tipo di intento, dalla passione dei tifosi alla competenza dei giornalisti e degli addetti ai lavori, non può che arrivare alla conclusione che quanto fatto da Moreno Longo, perlomeno nella seconda parte di stagione, sia altamente insufficiente.
Una squadra regredita in ogni fondamentale. La condizione fisica, già carente nella prima parte, è completamente sparita o in divenire, volendo dare ascolto le parole del mister. La tenuta mentale, addebitabile sicuramente anche ai giocatori, data l’inesperienza o la semplice scarsa attitudine alla pressione barese (e non sarebbe comunque una giustificazione), è peggiorata e lo si nota nella scarsa fiducia nei propri mezzi. Dorval ci prova molto meno, Benali e Maita più imprecisi, Favilli relegato ai minuti finali.
E se si parla di gestione tattica si apre il capitolo più doloroso: perché ostinarsi a far giocare Lasagna da solo quando la carriera del calciatore e le parole dello stesso attaccante evidenziano la necessità di un accompagnamento di peso?
E perché quell’accompagnamento di peso non può essere Favilli, l’unico ad aver dimostrato di avere quel fiuto sottoporta necessario per portare a casa punti importanti?
Falletti dovrebbe giocare dietro le punte e invece si trova in una posizione ibrida tra la mezzala che deve rincorrere (assolutamente non nelle sue corde) e un lavoro spalle alla porta fuori dal suo repertorio.
Da quando gli avversari hanno compreso di dover raddoppiare Dorval, l’esterno si è spento in termini di incisività.
La confusione è tanta, troppa e al Marulla di ieri si è arrivati al culmine di questa confusione. I cambi della ripresa non possono essere altro che il frutto della disperazione: difesa a 4, mai provata prima, sostituzioni finite con oltre venti minuti ancora davanti. Solo un Artistico sciupone ha negato al Bari una batosta con quattro o più reti subite.
L’obiettivo, anche a detta della società, è da raggiungere. Gli alibi non ci sono più. Quanto fatto di incoraggiante nella prima parte non basta a salvare l’operato di Mister Longo chiamato a risposte importanti, nette e istantanee in queste tre ultime finali.
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